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Cronaca

Epidemia colposa in forma omissiva: responsabilità anche per chi non ha fatto

Epidemia colposa in forma omissiva: la Cassazione allarga le responsabilità. “Motivazioni importantissime che riscrivono la narrazione della gestione della pandemia in Italia”, commentano i legali

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Il nodo delle responsabilità nella gestione della pandemia è sempre stato quello: può essere ritenuto responsabile anche chi non ha fatto? Il reato di epidemia colposa in forma omissiva, che in Italia fino ad aprile 2025 non era considerato possibile dalla dottrina maggioritaria, è stato invece interpretato dalla Cassazione non solo come possibile ma come attuale. Inoltre la Cassazione oggi, con le motivazioni della storica sentenza, dà elementi in più per capire cosa potrebbe succedere nel contesto dei procedimenti giudiziari archiviati e in essere.

Il 10 aprile 2025 infatti le Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione hanno emanato una decisione che cambia radicalmente lo scenario giuridico del reato di epidemia colposa e che potrebbe riaprire i procedimenti italiani relativi alla gestione della pandemia del 2020. Con tale pronuncia, la Corte ha definitivamente confermato che il reato di epidemia colposa in forma omissiva è configurabile, mettendo quindi un punto alle precedenti due pronunce (2017 e 2021) che si fondavano solo sul significato letterale del reato di epidemia colposa inserito nel codice penale italiano del 1930, che prevedeva cioè la punibilità solo nel caso in cui un soggetto avesse materialmente “sparso” il virus.

Il 28 luglio 2025 le Sezioni Unite hanno poi depositato le motivazioni della pronuncia contenute nella sentenza pubblicata integralmente, rafforzando ulteriormente l’impatto della decisione: secondo la Corte, il reato di epidemia ha oggi una forma libera, non più vincolata alla mera diffusione materiale del virus, ma estendibile anche a condotte omissive, ovvero all’omissione di atti dovuti da parte delle pubbliche amministrazioni.

Epidemia colposa: responsabilità riconducibili anche alle condotte omissive

“Si tratta di un passo importantissimo”, ha commentato l’avvocato Consuelo Locati, legale del team che assiste i familiari delle vittime del Covid insieme ai colleghi Giovanni Benedetto, Luca Berni, Alessandro Pedone e Piero Pasini. “Nelle motivazioni, che abbiamo letto, dopo l’analisi del caso specifico, le Sezioni Unite allargano la questione ponendo l’accento sulla tutela della salute pubblica e sulla mancata esecuzione di atti fondamentali che in Italia sono demandati agli organi amministrativi all’interno del Ministero della Salute ed alla Protezione Civile”.

Tra le omissioni ritenute rilevanti dalla Corte figurano: la mancata distribuzione dei dispositivi di protezione individuale (DPI), l’assenza di formazione del personale sanitario per affrontare emergenze e la mancanza di una corretta informazione del rischio alla popolazione. Si tratta degli stessi elementi che hanno costituito il nucleo della maxi indagine della Procura di Bergamo, che ha coinvolto 21 persone tra politici e tecnici, e che ancora oggi prosegue a Roma grazie all’opposizione presentata dagli avvocati dei familiari delle vittime, con l’imputazione coatta di alcuni alti dirigenti del Ministero della Salute dell’epoca, tra cui Ranieri Guerra e Giuseppe Ruocco.

“La decisione delle Sezioni Unite – prosegue Locati – conferma la ragionevolezza e la fondatezza dell’azione giudiziaria intrapresa fin dal 2020. È un precedente che riscrive la narrazione giuridica di quanto accaduto in Italia durante la pandemia e rafforza anche la nostra azione in sede civile presso il Tribunale di Roma. Questa pronuncia ha un valore importante anche per il giudizio pendente avanti la Corte Europea dei Diritti dell’uomo in una fase cui giungono, lo sottolineiamo, solo il 5% dei ricorsi presentati”.

Ed ora cosa potrebbe succedere? “Oltre ai procedimenti in corso – conclude Locati -, con queste motivazioni depositeremo le istanze di riaperture dei processi davanti al Tribunale dei Ministri di Brescia che si erano chiusi con le archiviazioni richiamando il codice penale del 1930”.

Soddisfazione anche dai familiari delle vittime dell’Associazione #Sereniesempreuniti, che vedono finalmente riconosciuto il fondamento delle loro denunce, avviate sin dal 2020, in un percorso difficile ma necessario di verità e giustizia per chi non c’è più.

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