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Come l’intelligenza artificiale sta cambiando il lavoro nelle imprese italiane nel 2025
Negli ultimi dodici mesi l’intelligenza artificiale (IA) è passata, per molte imprese italiane, da buzzword a infrastruttura operativa. Non si tratta più soltanto di “provare” un assistente virtuale o un algoritmo di raccomandazione: nel 2025 l’IA è entrata nei processi core di fabbriche, studi professionali, banche, assicurazioni, retailer e pubblica amministrazione, ridisegnando mansioni, competenze e modelli organizzativi.
Secondo le elaborazioni dell’Osservatorio Artificial Intelligence del Politecnico di Milano, il mercato italiano dell’IA ha raggiunto un valore di circa 1,2 miliardi di euro, in crescita di oltre il 50% rispetto all’anno precedente, trainato in particolare dalle soluzioni di generative AI integrate in assistenti, co-pilot per la programmazione e strumenti di creazione contenuti.
Nel frattempo, i dati ISTAT mostrano che nel 2024 l’8,2% delle imprese italiane con almeno 10 addetti ha utilizzato almeno una tecnologia di IA, contro il 5% dell’anno precedente, con una quota che sale oltre il 30% tra le grandi aziende. La fotografia che emerge è quella di un Paese in forte accelerazione, ma ancora segnato da forti divari interni.
Automazione intelligente dei processi (senza “sostituire tutti”)
Molte imprese italiane stanno usando l’IA per automatizzare parti del lavoro ripetitivo, liberando tempo per attività a maggior valore aggiunto. Nella manifattura, algoritmi di machine learning analizzano in tempo reale dati dai macchinari per prevedere guasti, ottimizzare la manutenzione e ridurre i fermi impianto.
Nelle aziende di servizi – banche, assicurazioni, utility – l’IA supporta:
- la classificazione automatica di email e richieste in arrivo;
- l’estrazione di dati da documenti (fatture, contratti, referti);
- la gestione di flussi di lavoro amministrativi e contabili, con sistemi che instradano le pratiche alle persone giuste.
Il risultato più tangibile è la riduzione dei tempi medi di lavorazione e l’aumento della capacità di gestire volumi di attività più elevati senza aumentare in modo proporzionale organici e costi.
Decisioni più informate grazie ai dati
L’IA sta migliorando anche la qualità delle decisioni. Molte aziende italiane usano modelli predittivi per stimare la domanda di prodotti e servizi, ottimizzare gli stock di magazzino, identificare pattern di rischio in ambito credito o frodi.
Questi strumenti non sostituiscono il management, ma forniscono scenari, simulazioni e alert, riducendo l’improvvisazione e supportando scelte più basate sui dati.
Sicurezza, controllo qualità e manutenzione
In stabilimenti industriali, logistica e cantieri, visione artificiale e sensori intelligenti controllano la qualità dei prodotti e le condizioni di sicurezza, segnalando anomalie, difetti o situazioni potenzialmente pericolose. Ciò porta a:
- minori scarti di produzione;
- meno incidenti e infortuni;
- maggiore tracciabilità delle lavorazioni.
Sono miglioramenti spesso invisibili al pubblico, ma decisivi per competitività e benessere dei lavoratori.
IA e mondo del lavoro: nuove professioni e competenze richieste
Le analisi più recenti indicano che oltre l’11% delle imprese italiane ha già adottato o sta sperimentando soluzioni di IA, mentre quasi il 38% ne valuta l’introduzione, con applicazioni concentrate in analisi dati, marketing, ricerca e sviluppo, automazione dei processi e customer care.
Questo si traduce in tre effetti principali sul lavoro:
- Nascita di nuovi ruoli: crescono figure come data engineer, AI specialist, prompt designer, ma anche profili ibridi che imparano a progettare e supervisionare sistemi di IA.
- Arricchimento delle mansioni esistenti: professioni tradizionali – dall’avvocato al commercialista, dall’ingegnere al consulente marketing – utilizzano strumenti di IA per analisi, simulazioni, ricerche, generazione di bozze e scenari.
- Formazione continua come condizione di occupabilità: molte imprese italiane hanno avviato percorsi strutturati di reskilling e upskilling digitale per i dipendenti, spesso sostenuti da incentivi pubblici e programmi orientati alla trasformazione digitale ed energetica.
Un’economia a due velocità: grandi imprese vs PMI
Le ricerche concordano su un punto: l’IA in Italia cresce, ma lo fa soprattutto nelle grandi imprese. Più della metà delle aziende di grandi dimensioni dichiara di avere almeno un progetto strutturato di IA, mentre tra le piccole e medie imprese le sperimentazioni restano più rare.
Le ragioni principali sono:
- costi di avvio;
- carenza di personale specializzato;
- timori legati a privacy, cybersicurezza e responsabilità sugli algoritmi.
Anche i divari territoriali pesano: nelle aree con minori competenze digitali di base l’adozione procede più lentamente. Oggi i benefici dell’IA sul lavoro si concentrano nelle realtà più strutturate, mentre molte PMI rischiano di rimanere indietro.
IA e portali online: dall’e-commerce ai servizi informativi regolamentati
Un ambito in cui le imprese italiane stanno investendo molto è l’interazione tra IA e portali online: siti e piattaforme attraverso cui si vendono prodotti, si offrono servizi o si forniscono informazioni regolamentate.
Esempi concreti:
- e-commerce e retail: motori di raccomandazione avanzati, chatbot in linguaggio naturale, sistemi antifrode che monitorano transazioni sospette;
- portali di servizi professionali e PA digitale: assistenti virtuali che aiutano cittadini e imprese a orientarsi tra pratiche e normative;
- siti di comparazione e informazione su servizi regolamentati: in questo contesto rientra anche – per fare un esempio – un sito come https://www.casinoonlineaams.com, dove l’IA può potenzialmente aggiornare contenuti, organizzare informazioni e segnalare eventuali criticità legate alla conformità e alla tutela degli utenti.
In tutti questi casi l’IA migliora chiarezza dei contenuti, personalizzazione, capacità di risposta e qualità del supporto, con impatto diretto sulle attività di customer care, marketing e compliance.
Il ruolo (e i limiti) delle politiche pubbliche
Il Piano Transizione 5.0 ha rappresentato uno dei principali strumenti per spingere le imprese – soprattutto manifatturiere – a investire in tecnologie digitali avanzate integrate con l’IA.
Tuttavia:
- la dotazione finanziaria è stata inferiore rispetto alle aspettative iniziali;
- i fondi si sono esauriti rapidamente;
- molte PMI hanno faticato a intercettare gli incentivi.
Il risultato è un impatto importante ma non ancora omogeneo: le aziende più strutturate hanno beneficiato maggiormente degli incentivi, mentre altre restano alle prime fasi dell’adozione.
Le sfide aperte: competenze, governance, fiducia
Nonostante i progressi, le imprese italiane devono affrontare alcune sfide fondamentali:
- Competenze digitali ancora insufficienti rispetto alla media europea;
- Qualità dei dati spesso inadeguata per supportare algoritmi affidabili;
- Governance ed etica dell’IA, con necessità di trasparenza, tracciabilità e responsabilità nell’uso degli algoritmi.
Nel 2025 l’intelligenza artificiale ha portato alle imprese italiane miglioramenti misurabili: processi più rapidi ed efficienti, maggiore qualità e sicurezza, migliori decisioni basate sui dati, nuove opportunità professionali.
Allo stesso tempo, permangono divari significativi tra grandi aziende e PMI. Il prossimo passo sarà trasformare progetti isolati in una cultura diffusa dell’innovazione, basata su formazione continua, governance responsabile e capacità organizzativa. Solo così l’IA diventerà un vero motore di crescita sostenibile per il lavoro in Italia.
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