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LA MIA LINEA DEI SEIEVENTICINQUE

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Italia paese di poeti, di santi, di pensatori e di tante altre cose ancora che per poterle elencare bisognerebbe chiedere alla Treccani di fare un estensione alla già monumentale raccolta di volumi analitici. La poesia è una questione genetica per il nostro popolo. Un condensato di emozioni che ha la necessità di snellire l’impatto emotivo dato dalla narrativa. Nei voli pindarici si plana su amore e depressione. Queste sono le rotte maggiormente battute dai sorvolatori della rima baciata. Carlo Zanutto si trasforma in aviatore pioniere. Raduna pochi impavidi aggettivi per il suo battesimo dell’aria e senza alcun brevetto di volo si stacca con decisione da terra e inizia il suo viaggio carico di emozioni forti, di parole dirette, di tempi verbali che hanno chiesto di poter fare ritorno all’origine, in quel luogo dove gli uomini hanno ancora due gambe, due braccia e due occhi per poter cercare dritto nello sguardo di chi gli sta davanti ciò che spesso non si vede più.

La poesia di Zanutto non è melensa. Non ha fondamenta su amori fragili e storie impossibili. I periodi metrici di Zanutto sono costantemente in over-time. Leggere la mia linea dei sei e venticinque è come avere l’impressione di essere arrivati alla partita di basket con un colpevole ritardo e di essersi persi tutti i primi quattro quarti. Ci si prepara a sentire il suono della sirena che dovrebbe sancire la conclusione dell’incontro, delusi dal fatto di essersi persi parabole su amore, passaggi su delusioni e rincorse dietro a donne che restano sempre un passo troppo avanti. Invece.

Con stupore si scopre che c’è ancora qualche cosa da dire. Che il tempo non è finito e che tutti i presenti sono ancora seduti al loro posto, a cercare di carpire i nuovi schemi di gioco, a battere le mani a tempo perché le parole non ancora dette avanzino, senza paura e spostino sgomitando tutto ciò che di prevedibile c’è nel mondo della poesia. Zanutto è in grado di spaziare a tutto campo. Si getta sotto al tabellone per andare a rimbalzo così che congiuntivi destinati a finire a terra vengano invece saldamente catturati dalle sue mani. Pronto a lanciare parole che non sono mai riuscite ad entrare in area di tiro e che adesso salgono alte, disegnando traiettorie impreviste e centrando in pieno il canestro. È una squadra forte quella messa in campo dal coach Zanutto. Una di quelle che a inizio torneo può far sorridere e che poi invece avanza un passo alla volta portando tutto il suo bagaglio dritto nel cerchio di centrocampo. Picchiando forte i talloni a terra così che gli spettatori ammutoliti inizino a fare la stessa cosa sugli spalti. È una poesia contagiosa. Una sorta di parola ombra, che ti segue e che proietta a terra l’immagine di migliaia di pensieri.

Italiani brava gente. Scrivono in milioni e leggono in cento. Poesie vergate su muri, su diari, su porte e bigliettini che finiscono con il diventare granelli di sabbia in enormi clessidre. La poesia di Carlo Zanutto è più simile al rintocco che segna l’entrata e l’uscita dal campo di gioco della vita e quando si giunge all’ultima pagina si sente un gran bisogno di voler ricominciare.

 

LA MIA LINEA DEI SEI E VENTICINQUE

Di Carlo Zanutto

Codice ISBN 9788890905292

 

Per una buona lettura, posizionarsi nel parterre della propria squadra di casa e attendere la conclusione dell’intorno.

Abbiate cura di aver messo nello zainetto:

Bottiglia di Gran Cuveè Moretti

Pane azimo e vasetto da 100g di marmellata di fichi

 

A cura di William Amighetti

 

SCRIVI A amighetti.william@gmail.com

 

 

 

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