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QUADERNI GIAPPONESI

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Rimane incerta la dinamica che portò all’estinzione dei dinosauri. Nessuna specie animale replicò nelle ere post paleolitiche la struttura mastodontica che contraddistingueva i primi quadrupedi del nostro pianeta. Rimane altresì sconosciuta la dinamica di sopravvivenza che il popolo nipponico riuscì a sviluppare per sopravvivere alla più scriteriata manifestazione dell’idiozia umana (i dinosauri non conoscevano la scissione dell’atomo). Sotto al fungo di Hiroshima le spore di una cultura che non conosce eguali, ma solo sterili tentativi di imitazione, maggiori rispetto a quelli della settimana enigmistica, attecchirono per fortificare la rinascita di un popolo che prolunga a dismisura le proprie radici sfuggendo alle contaminazioni e ai tentativi di innesto (in occidente definiti come globalizzazione) il fascino millenario della storia Giapponese, la delicatezza dell’iconografia che gli abitanti della terra del Sole Levante da sempre padroneggiano, sono racchiusi nell’ultimo stupendo, capolavoro di Igort, giunto al terzo Dan di Xilografia e depositario silente dell’onda di Kanagawa. Quaderni Giapponesi prosegue il viaggio che Tuveri ha intrapreso da tempo verso oriente, tracciando una nuova linea così come fece Marco Polo.

Igor conosce il Washi e ne padroneggia la consistenza  sugli sconfinati orizzonti bianchi (sarebbero i fogli, ma lasciatami divagare fra poesia e filosofia. Stiamo parlando di un maestro a cui dovrebbero essere dedicati compendi di aggettivi accrescitivi) disegna un mondo che continua ad ammaliare la decadente civiltà occidentale. Il viaggio intrapersonale di Tuveri è un anatomia esperenziale del nostro essere. Come se scendessimo al centro di una terra sconosciuta. Come se per un attimo fossimo silenti, sottovento, nella posizione del loto ad ascoltare il nostro io, rivedendoci nelle tavole che raccontano il mistero di arti che non riusciremo mai ad imparare. Rimane emblematica la frase di resa che l’autore pone alla fine dell’incipit, dove si rende conto di navigare seguendo la rotta di un sogno, sapendo che i sogni non si possono afferrare. Eppure noi sogniamo. Ad occhi chiusi o aperti, per attraversare la dimensione onirica che si nasconde nella prospettiva delle tavole di Igor. Entriamo ed usciamo nelle sue stanze. Seguiamo l’ombra del sogno e ci pieghiamo come origami mutando la forma della nostra coscienza. Tuveri è il maestro di china che ipnotizza la mia voglia di viaggiare pur restando seduto. Sono stato in Giappone. In ogni pagina di questo ultimo suo lavoro. Non lo so dove il Capitano, oh mio capitano, mi vorrà portare in futuro. Io so solo che sarò sulla banchina, con il mio taccuino vuoto ed una matita, per scrivere ancora della rotta che conduce ai sogni che facevamo da bimbi. Li raggiungeremo un giorno. Dissento dal pragmatismo di mister T. io resto un inguaribile sognatore.

In armonia dopo aver visto ciò che c’era da vedere in ogni pagina dei Quaderni Giapponesi. Costantemente in armonia mentro affino la mia tecnica di potatura del Bonsai chiedendomi se la tartaruga sia la riduzione di un mastodontico primate e aspettando che il ciliegio torni a fiorire. Siamo piccoli punti infiniti di un enorme disegno cosmico. Alcuni padroneggiano l’arte antica del dipingere. Igor Tuveri è uno di questi.

 

Quaderni Giapponesi – di Igor Tuveri. Edizioni Coconino Press – Fandango

 

 

A cura di William Amighetti

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