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Cronaca

La luce dopo l’inferno, quando un papà esce dalla terapia intensiva

Da Gromo un messaggio di speranza per tutti quelli che ancora oggi lottano negli ospedali e nelle loro case.

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Giulia è una ragazza di Gromo che pochi giorni fa ha deciso di inviarci una lettera scritta con il cuore in mano dopo che ha saputo che il padre è uscito dalla terapia intensiva e che è in via di guarigione.

La sua gioia, dopo la paura di perdere il giovane papà malato di Coronavirus, traspare in ogni riga del racconto.

Giulia racconta di come il padre, operatore socio sanitario, ammalatosi di Coronavirus come molti altri operatori socio sanitari che lavorano nelle strutture ospedaliere del territorio, stia sconfiggendo questa battaglia nonostante le prime previsioni fossero pessimistiche.

Un messaggio di speranza per tutti quelli che ancora oggi lottano negli ospedali e nelle loro case.

La lettera

Mio padre, Pasini Giampaolo, lavora come OSS presso l’Ospedale di Piario e alla fine di febbraio 2020 è venuto in contatto con i pazienti ricoverati per Covid 19. Come aveva previsto, il 10 marzo è tornato a casa con la febbre alta. I primi giorni aveva solo un po’ di febbricciola, poco dopo la situazione si è aggravata.

Per due notti non ha dormito, respirava male e subito la dottoressa di guardia del nostro paese (Gromo) oltre a prescrivergli l’antibiotico gli ha raccomandato di andare in ospedale, perché secondo lei si trattava di polmonite. Infatti aveva ragione. Il problema è che nel giro di tre giorni si è sempre più aggravato e il 19 marzo l’hanno ricoverato in terapia intensiva ad Esine, in Val Camonica. 

Per un po’ di giorni è stato intubato e sedato e quando chiamavamo i medici dell’ospedale dicevano che la mortalità in questi casi era molto alta, che mio padre non era gravissimo però la polmonite per Corona virus era acuta. Insomma io, mia madre e mia sorella abbiamo vissuto dei giorni d’inferno. Ovviamente eravamo in quarantena, e potevamo sentire i rianimatori della terapia intensiva di Esine, per avere informazioni su mio padre, solo per poco tempo il pomeriggio verso sera.

Io piangevo tutti i giorni, perché purtroppo le notizie che circolavano sui media erano drammatiche e pensavo proprio di perdere mio padre, senza averlo potuto salutare. Quando è stato portato in ospedale l’unica frase che  ha detto a me e mia sorella è stata “ Ciao Giulia, ciao Martina, sostenete la mamma”, probabilmente sentiva che la situazione era molto grave. 

Per fortuna, dopo sei giorni è arrivata una notizia positiva. Un medico ci ha chiamato dicendoci “il vostro papà non è più intubato e reagisce bene alle cure”, da questa affermazione, noi abbiamo pregato e sperato ogni giorno sempre più. E abbiamo fatto bene, perché due giorni fa mio padre è stato spostato dalla terapia intensiva alla riabilitazione e oggi per la prima volta lui stesso ha avuto la forza e il coraggio di scriverci dei messaggi con il suo cellulare. Non dico quanta gioia ho avuto nel cuore, avevo avuto paura di perderlo, ringrazio a chi ci è stato vicino e che ha lottato con noi. Adesso mio padre si trova ancora all’ ospedale di Esine nel reparto di riabilitazione, ci vorrà un po’ di tempo prima che guarisca del tutto, ma siamo fiduciose.

Da questa esperienza, ho imparato ad apprezzare la vita, oltre alla mia famiglia, perché ogni giorno potrebbe essere l’ultimo, appunto per questo bisogna godere la vita fino in fondo, volerci tutti bene e che la salute è il bene più prezioso.

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5 Commenti

1 Commento

  1. Norma Bertullacelli

    4 Aprile 2020 at 9:19

    I primi ad essere additati come untori sono stati i cinesi, e gli stranieri in genere. Questa prima fase della campagna è bruscamente terminata quando è stato evidente che bloccare i voli dalla Cina è stata un madornale errore, perché molte persone infette, che sarebbe stato facile individuare, sono giunte in Italia attraverso voli con numerosi scali intermedi.
    Allora la Cina, fino al giorno prima coccolato partner commerciale, è diventata “una dittatura”: misure antiliberali, attentato alle libertà, partito comunista, controllo dei cittadini, esercito in piazza, e così via.
    Il virus arriva, ed esplode con una forza inimmaginabile. I primi untori vengono individuati nei presidenti delle regioni che, assolutamente non in grado di “governare” un evento di questa portata, procedono in ordine sparso con chiusur e di bar, scuole e pub, abbastanza a caso.
    Dando la croce addosso all’uno, o all’altro, i virologi improvvisati che popolano il nostro paese, annidati soprattutto nelle redazioni dei giornali, dimenticano di ricordare all’opinione pubblica che la sanità subisce da dieci anni tagli per miliardi; che quella privata prospera grazie anche ai finanziamenti pubblici ed alle palesi carenze dei nostri opedali.
    Tutto chiuso, tutti a casa. Tutti a dare la caccia ai nuovi untori: i pisciatori di cani. L’esperienza cinese insegna che occorre ridurre spostamenti e contatti, ed il buon senso dimostra che i contatti avvengono nelle metropolitane e sui bus, ma non bisogna disturbare il manovratore. “Io sto a casa” scrivono virtuosamente sui social quelli che da anni aspettavano invano di far pagare al vicino la pisciata del cane sul loro zerbino. E per quelli che sono in buoni rapporti con il vicinato c’è un nuovo passatempo: il flash mob sul balcone. E vai con fratelli d’Italia.
    Intanto il governo continua ad annunciare che chiuderà tutto, senza mai decidersi a farlo. Ma la caccia all’untore prosegue, come previsto. E dà i frutti previsti.
    Finitele pisciate di cane, i nuovi untori sono i runner. E’ evidente che una corsa nel parco non contagia nessuno, ma quel bastardo bello in forma con i suoi scarpini ci è sempre sembrato un po’ scemo. E allora, ecco il colpo da maestro: magari sarà anche vero che non creano contagio, ma se sto a casa io, devi starci anche tu.
    E poi ci sono quelli che “disturbano il manovratore”. Conte è un santo, un eroe, il nuovo Churchill. Ma domenica sera e annuncia in tv che in Italia rimarrà aperto solo l’alimentare ed il medicale, e tutto ciò che è loro connesso. Durante la notte la confindustria interviene come un panzer: Landini afferma che l’associazione padronale ha manomesso l’elenco già concordato, e la lista di chi può procedere a lavorare si allunga a dismisura. Viene persino fornito su un piatto d’argento ai padroni l’escamotage degli escamotage: un’autocertificazione che dichiara la propria connessione con il medicale o l’alimentare. Nessuna sanzione per chi dichiara il falso. Ma i nuovi untori sono quelli che ( “poverino, conte, come farà a reggere”) si provano a chiedergli conto dell’ultimo voltafaccia.
    Qualcuno si indigna: ecco un’altra arma di distrazione di massa. 100 miliardi in un mese, la perdita presunta che dichiara confindustria. “Tutto il denaro del mondo non vale una sola vita umana” dice timidamente qualcuno. Zitto, maledetto untore/rematorecontro/buonista. Bisogna salvare il tessuto produttivo. E il ponte Morandi di genova “deve” procedere, perché “è un simbolo” ( e chi non credesse all’esistenza di un’opinione così cinica, può fare un giretto su facebook)
    Landini si è affrettato a “tuonare” ( Tuonare il verbo che certa stampa usa sempre, quando il soggetto è un sindacalista; tuona al posto di “afferma”, “dice”, “argomenta”, “dichiara”). Bene, Landini ha tuonato: “Non vorremmo dover dichiarare lo sciopero generale”. Dioscampi, compagno Landini. Per arrivare allo sciopero generale ce ne vuole…..
    Ma ci vuole un untore, la gente è stufa, sta a casa, legge, si informa. Eccolo qua il nuovo untore, in confezione rossa: il sindacato di base, che dichiara lo sciopero generale. “Pazzi irresponsabili” vengono definiti. E si lascia credere che chi invita a stare a casa gli operatori del call center, glioperai dell’armiero, i cantieristi della nautica di lusso, li stia invitando a fare un corteo con bandiere.
    Ultimi untori, finora: i vecchi. I vecchi che vanno a fare la spesa più volte la settimana. I vecchi che si infettano per primi, ed in numero maggiore. I vecchi, non più produttivi che gravano sulle casse dell’INPS. Il colpo da maestro. Si butta lì che, ad emergenza finita, usciranno per primi gli under 45, per andare a lavorare ( e dove, sennò). Poi gli under 55. Sempre a lavorare. Ultimi quelli come me, over 65, bocche inutili. Volete scommettere che il dibattito si sposterà ora sull’utilità o meno di lasciare respirare ancora per un po’ i vecchi?
    …”frattanto”, c’era scritto una volta su Topolino.
    Frattanto lavorano ancora milioni di persone, in 80 settori produttivi.
    Frattanto si spostano, prendono mezzi di trasporto, tornano a casa dai loro familiari.
    Frattanto, inconsapevolmente, si mettono in pericolo e diffondono il contagio.
    I miei untori preferiti? Anche se faccio parte della categoria, devo ammettere che i miei untori preferiti sono i vecchi.
    Siamo noi che avevamo diritti, come lavoratori; ed abbiamo permesso che ci venissero tolti con job act senza fare quasi nulla. Siamo noi che abbiamo accettato che ci fossero lavoratori di serie a, che se la caveranno un po’ meno peggio degli altri, tra ferie e cassa integrazione; e lavoratori di serie b, che se perdono il lavoro perdono tutto. Siamo noi che abbiamo frantumato la sinistra su punti non essenziali. Siamo noi che ( sembra cent’anni fa…) che abbiamo permesso che Acelor Mittal avvelenasse un’intera città perché il governo (amico o nemico che fosse) non poteva permettersi migliaia di disoccupati. Siamo noi che abbiamo permesso che si facessero decenni di guerre ( due milioni al giorno solo l’Afghanistan) mentre si tagliavano gli ospedali. Siamo noi che abbiamo lasciato che si acquistassero gli f35 ( solo il casco costa come un paio di respiratori) . Siamo noi vecchi gli untori.

  2. Giovanna

    4 Aprile 2020 at 10:41

    Il tuo commento mi fa rabbrividire. Ma se ci penso è veramente così,abbiamo lasciato tutto andare a rotoli le cose importanti con il tempo le abbiamo perse.
    Si è indifferenti su ogni cosa,ed ora che siamo agli arresti domiciliari si è stanchi !!!!!

  3. Tomaso

    4 Aprile 2020 at 10:44

    Dopo un commento come il tuo ci si dovrebbe levare il cappelo, come facevano i nostri vecchi.
    Chi siamo noi verrebbe da chiedersi ora, cosa siamo diventati noi ora?!

  4. Luigi

    4 Aprile 2020 at 14:12

    Intanto siamo dei…sopravissuti (per ora) ed è già qualcosa di questi tempi.

  5. Comix

    4 Aprile 2020 at 20:08

    Ad una lettera così, scritta a cuore aperto come messaggio di speranza per tutti noi, io rispondo invece che sono felice per questa famiglia, sono felice per Paolo , per sua moglie, per Giulia e Martina e che adesso non è tempo di polemiche.
    Forza Paolo, siamo tutti con te, non mollare!!!

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