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Cronaca

“La nostra categoria sta per morire”, la riflessione di RistorantiBergamo

RistorantiBergamo è un gruppo di oltre 30 locali di Bergamo e di tutta la provincia orobica che oggi lancia un ultimatum: “La nostra categoria sta per morire”

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RistorantiBergamo è un gruppo di oltre 30 locali di Bergamo e di tutta la provincia orobica nato per organizzare iniziative enogastronomiche e promozioni sul territorio per diffondere il gusto del buono e del bello. Oggi il gruppo si trova a lanciare un ultimatum legato alla condizione che i ristoratori stanno vivendo da mesi a causa della pandemia da Covid-19.

La riflessione del gruppo di ristoratori

“Attraverso i social, come RistorantiBergamo vogliamo condividere alcune considerazioni in merito a quanto sta capitando alla nostra categoria. In questi mesi abbiamo accettato le regole imposte dal Governo, abbiamo chiuso quando ci è stato imposto e ci siamo organizzati, con tutti i limiti del caso e le fatiche conseguenti, con il delivery e il take-away. Molte le limitazioni, le difficoltà economiche. Molto il disagio emotivo, la rassegnazione e la preoccupazione per i problemi che hanno colpito pesantemente la nostra categoria, i nostri dipendenti e, a catena, tutti i settori coinvolti dalle nostre chiusure. I problemi non ci sono stati solo quando siamo rimasti chiusi, ma enormi sono state e sono tuttora le difficoltà oggettive nelle riaperture a singhiozzo proposte dai diversi decreti: dai problemi con il personale a quelli con i fornitori. Siamo gente che lavora sul campo, con ordini quotidiani, forniture fresche, una programmazione impossibile nei tempi dettati da decreti arrivati sempre all’ultimo e senza mai una logica uno dall’altro. Grande lo stress, lo sconcerto per decisioni arrivate purtroppo ogni volta in ritardo”.

I ristoratori riflettono anche sul fatto del rispetto delle regole e sulla ricaduta: “Nonostante questo, abbiamo sempre rispettato tutte le norme, anche se nessuno ha mai provato a mettersi dalla nostra parte: ragionando come un ristoratore, pensando che il nostro settore ricade su altre numerose categorie. Dietro ognuno di noi, ci sono dipendenti, fornitori, servizi. Ci sono famiglie rimaste senza stipendio o in attesa di cassa integrazione. Grande la demoralizzazione: ci siamo sentiti gli ultimi, ci sentiamo gli ultimi. Ed è semplice capire il perché: noi, e solo noi, siamo quelli che restano sempre chiusi. Questo nonostante abbiamo sempre accettato tutte le regole imposte, abbiamo da subito investito nella sicurezza, nel distanziamento sociale. Ma non è bastato: noi restiamo gli ultimi, anzi gli invisibili, totalmente dimenticati”.

Le domande che restano: perché gli altri aprono?

“Le domande sono tante – continuano i ristoratori -: perché i centri commerciali si riempiono? I negozi si aprono? Perché per i ristoratori non c’è mai alcuna alternativa mentre per le altre categorie si trovano soluzioni? I contagi sono aumentati mentre siamo stati chiusi, ma nessuno ne parla e noi continuiamo a restare senza lavoro. E poi ancora: se dobbiamo restare chiusi, perché per noi manca una programmazione fatta con logica? Perché avviare aperture di pochi giorni e poche ore, senza un’organizzazione che tenga conto di come un ristorante avvia un’attività dopo che ha fermato obbligatoriamente il lavoro per settimane? Questo significa non aver ragionato seriamente sulla nostra categoria, abbandonandola nella totale incertezza“.

“Senza polemiche – conclude il gruppo -, abbiamo deciso quindi di non stare più in silenzio, perché vogliamo esprimere e raccontare quello che stiamo vivendo, condividendo con voi le nostre riflessioni. Le pubblichiamo sui nostri social perché vorremmo che questo messaggio sia condiviso, il più possibile: vi chiediamo di inoltrarlo, di ripostarlo e non solo per noi, ma anche per i nostri dipendenti le cui misure sociali previste sono inadeguate. Da novembre siamo senza stipendio: loro e noi tutti. Cosa chiediamo? Di non essere considerati più come gli ultimi, gli invisibili. Accettando e rispettando le regole, eque e congrue per tutti, chiediamo di lavorare, di avviare una politica che permetta anche ai ristoratori corrette alternanze. Se così non succederà la nostra categoria rischia di morire”.

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