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Cronaca

Smart working nella pubblica amministrazione: produttività su del 20%

Il commento di Angelo Murabito, segretario generale di CISL FP, sulla decisione di Renato Brunetta, ministro della Pubblica Amministrazione, per il ritorno in presenza anche di questi dipendenti

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Ritengo che lo smart working debba continuare, anche dopo la crisi pandemica, a rappresentare una possibilità di lavoro delle pubbliche amministrazioni da concepire non più come uno strumento di gestione della sicurezza ma come una leva organizzativa per realizzare, al tempo stesso, una maggiore flessibilità delle prestazioni lavorative, al fine di migliorare i servizi per cittadini ed imprese, e una più efficace conciliazione fra tempi di vita e tempi di lavoro”. Così, Angelo Murabito, segretario generale di CISL FP, commenta la decisione di Renato Brunetta, ministro della Pubblica Amministrazione, per il ritorno in presenza anche dei dipendenti della pubblica amministrazione, sostenendo che il rientro generalizzato negli uffici possa permettere il recupero degli arretrati accumulati e favorire la ripresa.

Smart working va valorizzato: i dati parlano chiaro

In realtà, secondo il sindacalista CISL, “lo smart working adottato durante l’emergenza nella pubblica amministrazione non dovrebbe essere demonizzato, ma valorizzato. In molti casi l’esperienza se pur diversificata tra le varie amministrazioni del lavoro agile è stata un’esperienza positiva che ha migliorato la produttività di alcuni enti anche del 20%. Migliorate inoltre le competenze e responsabilità dei lavoratori pubblici procurando un importante salto evolutivo si pensi ad esempio ad un miglioramento dell’utilizzo della firma digitale, la condivisione delle banche dati, le Pec, digitalizzazione dei processi amministrativi, accesso telematico si servizi della PA. Risultati importanti necessari alla ripresa del Paese che non è possibile perdere. Senza dimenticare i vantaggi indiretti ecologici e sociali in termini di riduzione degli spostamenti dell’emissione di CO2 , spese di manutenzione stradale, incidenti e relativi costi sociali”. 

La percentuale massima del 15% di posti riservati al lavoro agile si scontra quindi con le esperienza dell’ultimo anno, durante il quale sono stati circa il 46% i posti del pubblico impiego nel 2020 “gestiti” con lo smart working. Di questi circa il 70% nelle funzioni centrali e poco meno del 30% funzioni locali, mentre solo una minima parte ha interessato la sanità.   

Importante è stato il Patto del lavoro pubblico del 10 marzo sottoscritto dal Governo e da CGIL CISL e UIL che traccia una visione del lavoro pubblico con un’organizzazione più flessibile e più in linea con le esigenze della società. “Anche il miglioramento dei tempi vita lavoro, infatti, genera possibilità di emancipazione professionale. Per  questo – conclude Murabito -, il  tema delicato del lavoro agile deve transitare necessariamente da un confronto e una regolamentazione pattizia tra enti e parti sociali e non può essere lasciata alla discrezionalità del solo datore di lavoro. Rimango sostanzialmente contrario a percentuali preconfezionate”.

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