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Cronaca

Dubbi e preoccupazioni sul progetto del Comprensorio Sciistico Colere – Lizzola

Delle Associazioni ambientaliste della provincia di Bergamo dubbi e preoccupazioni sul progetto del Comprensorio Sciistico Colere – Lizzola

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Il progetto di collegamento tra Colere e Lizzola per creare un comprensorio sciistico unico torna a destare nuovi dubbi. Le perplessità riguardano soprattutto la sostenibilità economica e ambientale. A sollevarle Orobievive, il coordinamento delle associazioni ambientaliste della provincia di Bergamo, e Legambiente Bergamo.

Il comunicato con i dubbi sul Comprensorio Sciistico Colere – Lizzola

L’annunciato progetto del collegamento tra gli impianti di Colere e Lizzola, proposto da RSI, solleva numerose preoccupazioni. Per la realizzazione del comprensorio sono stati chiesti 50 milioni di euro di fondi pubblici; questa cifra, annunciata in occasione delle presentazioni al pubblico, aumenta fino a circa 70 milioni nella bozza di Convenzione protocollata presso il Comune di Valbondione. Si prevedono nuove piste, impianti, un bacino d’acqua per l’innevamento programmato e un tunnel di 450 metri attraverso il Pizzo di Petto. La promessa è quella di aumentare l’afflusso di turisti, con conseguente ritorno economico per i paesi di Valbondione, Lizzola e Colere. Orobievive con Legambiente Bergamo esprimono scetticismo riguardo alla sostenibilità economica e ambientale di un simile investimento.

Un sito Natura 2000

L’area interessata dal progetto si trova al centro della Zona Speciale di Conservazione (ZSC) Val Zurio, Val Sanguigno e Pizzo della Presolana, la più estesa della nostra provincia. In un contesto di cambiamento climatico e diminuzione delle precipitazioni nevose che alterano gli equilibri degli ecosistemi, questi ambienti sono ancora più fragili e da tutelare.

Rischio di abbandono degli impianti

La decisione di investire in infrastrutture sciistiche a quote così basse solleva preoccupazioni sulla loro sostenibilità a lungo termine. Considerando le condizioni climatiche sempre più incerte e la bassa quota della stazione sciistica, situata tra i 1050m e i 2250m di altitudine, la realizzazione di questi interventi è particolarmente impattante e obsoleta. C’è il rischio concreto che questi impianti diventino rapidamente inutilizzati, lasciando alle spalle strutture abbandonate come già successo altrove.

No ai ricatti

Non si tratta di un rifiuto totale degli impianti sciistici, che dove presenti vanno sicuramente ammodernati, ma di evitare che decisioni cruciali per il futuro del territorio siano influenzate da interessi privati. La richiesta da parte di RSI di rilevare gli impianti di Lizzola solo a condizione di ottenere il finanziamento richiesto al Ministero del Turismo e del consenso dei comuni interessati al collegamento con Colere fa leva sulle paure delle comunità locali che vedono i propri territori spopolarsi e sono disposte ad accettare qualsiasi intervento, presentato come “salvifico” dalle amministrazioni. 

Quali benefici reali?

La proposta di progetto prevede la sostituzione dei tre impianti ora presenti a Lizzola con uno solo. Ciò comporterebbe ogni volta l’obbligo di discesa fino a valle, laddove – chi frequenta gli impianti lo sa bene – spesso la neve è assente o ghiacciata a causa delle temperature inadeguate per il mantenimento del manto nevoso.

L’alternativa c’è

Gli investimenti potrebbero essere meglio diretti verso progetti che valorizzino i già significativi flussi di visitatori che ogni fine settimana interessano l’alta Val Seriana. Come dimostrato da esempi virtuosi distribuiti su tutto l’arco alpino (per cui invitiamo a consultare il report annuale Nevediversa di Legambiente), gli impianti non sono l’unica via da percorrere per far rivivere i paesi di montagna. La cura della sentieristica, il turismo scientifico, gli agriturismi, l’educazione ambientale rivolta alle scuole e tante altre forme di turismo sostenibile potrebbero attivare l’economia locale senza compromettere l’integrità del territorio protetto.

Ad oggi le informazioni rese pubbliche sono parziali e incomplete, a volte addirittura in contraddizione tra loro.

Orobievive chiede innanzitutto maggior chiarezza riguardo le intenzioni progettuali; si auspica inoltre che si possa trovare un equilibrio tra progresso e conservazione, senza cedere a pressioni esterne o a interessi di breve termine.

Orobievive e Legambiente 

 

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4 Commenti

1 Commento

  1. Lorenzo

    23 Settembre 2024 at 11:23

    chiesti 50 milioni di euro di fondi pubblici…
    Nel mentre ogni weekend siamo impossibilitati a muoverci e se vuoi fare un giro in montagna devi pure pagare il parcheggio….
    Chi paga il disagio creato a tutti gli altri a fronte del beneficio di pochi?

  2. Corrado Paris

    23 Settembre 2024 at 13:17

    con Legambiente e verdi si torna a medioevo,a come pensano di sviluppare le valli…..questi vogliono la cantina piena e la moglie ubriaca….ben vengano gli investimemti….

  3. MAXB

    23 Settembre 2024 at 14:45

    Buongiorno, è deprimente vedere come qualcuno ci vuole mantenere all’eta della pietra, in nome di un ambientalismo becero e disfattista. L’ambiente va tutelato e rispettato, ma in Trentino sono tutti imbecilli o sono bravi nel loro mestiere ? E non mi sembra che siano messi cosi male. La montagna muore, se non la curi e la mantieni in ordine, é cosi difficile da comprendere ? Spero che questa opera trovi la sua realizzazione, per il rilancio di una valle che è al lumicino. Ultima cosa, non mi sembra che il “TURISMO SOSTENIBILE”(che non capisco cosa sia), abbia fatto cosi bene a Valcanale, esempio di disfacimento totale della montagna. Grazie, saluti.

  4. Claudio

    25 Settembre 2024 at 18:38

    ma 50 milioni di soldi pubblici per farli gestire ad un privato? non vi sembra fuori luogo? i soldi pubblici vanno utilizzati per i servizi pubblici non per i benefici di qualche privato che non ha bisogno di quei milioni.

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