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GIOVEDÌ CON L'AVVOCATO

LA SEPARAZIONE DEI CONIUGI E LA DISPARITÀ REDDITUALE

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Nel luglio del 2009 il Tribunale di Novara aveva stabilito, all’esito d’una disputa tra coniugi separati, che all’ex moglie venisse riconosciuto un assegno di mantenimento pari a 200 Euro. Contro la decisione l’ex marito aveva fatto ricorso alla Corte di appello di Torino chiedendo l’annullamento dell’assegno. La Corte, con sentenza del dicembre 2012, aveva accolto le richieste dell’appellante.

L’ex moglie aveva dunque svolto ricorso in Cassazione, ovviamente ritenendo l’assegno dovuto. Innanzi alla Corte la donna aveva spiegato che tra gli ormai ex coniugi esisteva una documentale disparità in termini di capacità reddituale tale da giustificare, ex art 156 c.c., il riconoscimento in suo favore dell’assegno di mantenimento. La donna aveva infatti dichiarato di percepire uno stipendio pari ad 1400 Euro netti al mese a fronte di un salario di 2600 netti, sempre su base mensile, percepito dall’ex coniuge.

L’uomo nulla aveva ovviamente eccepito in ordine alla documentale disparità reddituale ma aveva tuttavia rilevato di essere obbligato al versamento su base mensile di 990 Euro a titolo di mutuo, un versamento che gli aveva consentito di acquistare dalla ex moglie metà della casa coniugale e che aveva altresì consentito alla ricorrente di acquistare una casa di proprietà in cui abitare dopo la separazione.

Il resistente aveva quindi concluso che al netto delle somme che era costretto a versare mensilmente per il mutuo non vi era in realtà alcuna disparità di trattamento; insisteva dunque per la reiezione delle richieste dell’ex moglie. La sesta sezione della Corte di Cassazione, valutate le istanze delle parti, ha dedotto, con l’ordinanza n. 22603/2015, che nel caso di specie i redditi spendibili dai due ex coniugi sostanzialmente si equivalgono, al punto da consentire ad entrambi una vita dignitosa e non sostanzialmente dissimile da quella condotta in costanza di matrimonio, circostanze queste che escludono il diritto della ricorrente a un assegno di mantenimento gravante a carico dell’ex marito. 

Il ragionamento della Corte è senz’altro condivisibile, dal momento che è il reddito spendibile a dover essere tenuto in consideraazione per l’eventuale riconoscimento di un assegno di mantenimento. Nel caso di specie, i redditi spendibili dei coniugi sostanzialmente si equivalevano (l’uomo aveva si un reddito maggiore ma aveva anche maggiori uscite) consentendo ad entrambi di vivere in maniera dignitosa oltre che, naturalmente, in linea con la vita condotta in costanza di matrimonio.

La sentenza della Corte conferma dunque che il Giudice della separazione deve effettuare una valutazione globale della posizione economico patrimoniale delle parti, evitando un’applicazione severa delle previsioni con cui l’art. 156 c.c. riconosce l’assegno di mantenimento in favore del coniuge privo di mezzi adeguati per mantenere un tenore di vita analogo a quello matrimoniale.

 

Rubrica a cura dell’avv. Stefano Savoldelli del foro di Bergamo

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