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Cronaca

Senza specifiche tutele: i centri estetici riaprono ma le discrepanze restano

I centri estetici riaprono ma le discrepanze restano: tra abusivismo e furbetti si vive nel limbo. Ce ne parla Daniela, di un salone di Albino.

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Con il nuovo passaggio in zona arancione anche in Lombardia e in provincia di Bergamo da lunedì 12 aprile 2021 hanno riaperto i centri estetici. Una categoria, quella delle estetiste, da un anno a questa parte fortemente penalizzata e oggetto di pregiudizi. A questo proposito ad Albino, Daniela Quaranta del centro estetico DQ Beauty, vicina all’associazione Confestetica, spiega quali sono ancora oggi le tutele che mancano in un settore che impiega in tutta Italia 35mila professioniste (per il 99% donne) con un indotto tra fornitori ecc. di 80mila persone e con 13 milioni di clienti.

“Nel primo lockdown di un anno fa – spiega Daniela – abbiamo chiuso e tenuto duro con la speranza che poi sarebbe ripartito tutto. Ed effettivamente era stato così: in estate abbiamo lavorato bene, segno che la clientela si fida e affida a noi. Poi però sono arrivati i nuovi fermi e questi ci hanno davvero messo in ginocchio, non solo economicamente ma anche moralmente”. La categoria dell’estetica per la legge italiana è a tutti gli effetti inserita nell’artigianato: questo vuol dire che non c’è un albo specifico che regolamenta la professione seppure questa sia l’unica, oltre a quella dei medici, autorizzata a lavorare sul corpo delle persone.

Ricorso al Tar: illegittimo chiudere centri estetici

Le estetiste inoltre hanno lo stesso codice Ateco delle parrucchiere ma, durante la zona rossa dell’autunno 2020, non hanno lavorato mentre i saloni di acconciature hanno lavorato. Per questo Confestetica ha fatto ricorso al Tar chiedendo conto di questa discrepanza. 

In questo caso l’avvocatura di Stato ha presentato una risposta alquanto misogina e discriminatoria sostenendo che “la depilazione del viso e del corpo di una donna non sono esigenze essenziali di cura e di igiene della persona mentre la barba di un uomo sì”. Per Roberto Papa, Segretario Nazionale Confestetica, questa motivazione non solo è altamente discriminatoria ma anche denigratoria e diffamatoria, sia per la professione dell’estetista, che per tutte le donne.

Il 16 febbraio 2021 però, con esecuzione immediata, la sentenza del TAR Lazio ha sancito l’illegittimità delle voci del DPCM 3 novembre 2020 e il DPCM 3 dicembre 2020 e i rispettivi “allegato 24” nella parte in cui non annoverano, tra i “Servizi per la persona” erogabili in “zona rossa” i servizi dei centri estetici. Ciò vuol dire che a partire dal 16 febbraio ai centri estetici è consentita la riapertura immediata anche se si trovano in zona rossa.

Il TAR Lazio non ha dunque riconosciuto la validità delle motivazioni presentate dalla Presidenza del Consiglio in merito alla chiusura dei centri estetici nelle zone rosse ne ha riconosciuto che non esiste coerenza logica nella decisione di lasciare aperti i parrucchieri e chiusi i centri estetici.

Settore non normato: si lavora tra abusivismo e furbetti 

Ma durante le chiusure i centri estetici si sono trovati a fare i conti con altre due problematiche: “Da una parte – spiega ancora Daniela – l’abusivismo, già esistente, è diventato dilagante. Dall’altro alcuni centri medici e medico-estetici hanno continuato a lavorare proponendo anche servizi prettamente estetici, dunque sovrapponibili ai nostri e non autorizzati dai DPCM”. Anche per questa questione Confestetica ha fatto ricorso al TAR e la sentenza dovrebbe arrivare proprio in questi giorni.

“Quello che non troviamo giusto – continua Daniela – è che la nostra professione non sia tutelata e che chiunque la possa esercitare anche, appunto, abusivamente. Peggio ancora è il fatto che medici laureati, introducano dei servizi estetici di nostra pertinenza come la depilazione laser, gli acidi per il viso, la radio frequenza ecc. di fatto, portandoci via il lavoro. Il problema è che non c’è una normativa a riguardo e ho trovato davvero grave che nell’ultimo periodo di zona rossa questi centri continuassero a proporre i nostri servizi mentre noi eravamo obbligatoriamente e casa. Voglio inoltre ricordare che il nostro è un lavoro altamente attento all’igiene e alla sanificazione, già pre Covid. E’ un lavoro dove il rapporto è uno a uno e dove non si creano assembramenti, eppure siamo state quelle che hanno pagato di più in termini di chiusure. Bisogna cominciare a intendere il benessere estetico come una parte complementare del benessere generale della persona. Dietro al nostro lavoro ci sono tanti aggiornamenti e professionalità, oltre che a trattamenti che servono anche a risolvere diverse problematiche. Si stima che la perdita di fatturato giornaliera legata al nostro settore sia di 31 milioni di euro al giorno. Un mancato introito e dunque un mancato versamento di Iva, tasse ecc. che va a discapito di tutti. Noi possiamo lavorare nella massima sicurezza, speriamo che da ora non si chiuda davvero più e che si regolamenti il settore una volta per tutte”. 

L’intervista a Daniela

Gessica Costanzo

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