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Cultura

L’opera di Federico Ferrario del Museo di Alzano torna a risplendere

Dopo il restauro è tornata a risplendere l’opera del Museo di Alzano Lombardo “L’incontro di Davide con Betsabea e il piccolo Salomone” di Federico Ferrario

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Sono terminati i lavori di restauro della tela “L’incontro di Davide con Betsabea e il piccolo Salomone” di Federico Ferrario ddel 1769 circa, olio su tela, cm 352×161, custodita al Museo d’Arte Sacra San Martino di Alzano Lombardo. L’intervento, sostenuto da Fondazione Creberg, è stato affidato alle cure della restauratrice Fabiana Maurizio.

Il repertorio fotografico evidenzia la stringente necessità dell’intervento e la grande qualità del dipinto, riportato all’originario splendore dall’eccellente lavoro della restauratrice nell’ambito della iniziativa “Grandi Restauri”. L’opera, che appartiene al gruppo iniziale dei dipinti costituenti il prestigioso ciclo della Cappella del Rosario della Basilica di San Martino, raffigura Betsabea che, avvertita dal profeta Natan, ricorda al vecchio re Davide il suo giuramento che Salomone sarebbe stato il suo erede al trono.

L’analisi della tela di Federico Ferrario

Nella tela di Ferrario, il re Davide appare vecchio, con la barba ormai bianca, è seduto sul trono, alla sommità di tre gradini. Vicino a lui la corona e l’arpa, la mano destra del re è aperta e tesa in avanti, mentre il suo sguardo è volto a guardare Betsabea, che tiene il braccio destro in atteggiamento protettivo intorno alla schiena del piccolo Salomone.

In primo piano, sotto i gradini, stanno due paggi. Sul fondo, seminascosti dal tendaggio del baldacchino, sono presenti due persone di difficile identificazione: un uomo anziano dalla barba lunga, che potrebbe essere il profeta Natan, ed una donna anziana, entrambi con il capo coperto come Ferrario prediligeva nella realizzazione delle sue figure. I due sembra stiano discutendo di ciò che accade davanti ai loro occhi. 

Risulta particolarmente interessante il ruolo che assumono le mani dei protagonisti, tese a richiamarsi e ad indicarsi l’un l’altro. Questo gioco di mani e di sguardi risulta essere il fulcro visivo del dipinto, ma forse anche il centro simbolico dello stesso. Se si osserva la mano destra di Davide tesa in avanti verso il figlio si può infatti osservare come risulta evidente nella posizione delle dita il richiamo all’antico gesto di benedizione in cui tre dita (pollice, indice e medio) raffigurano la Trinità e due dita (anulare e mignolo), piegate insieme, la doppia natura di Cristo. 

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