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Cronaca

Scompenso cardiaco, per il ‘big killer’ in arrivo la prima terapia con chiara efficacia

Uno studio realizzato anche al Papa Giovanni di Bergamo rivela una terapia efficace contro lo scompenso cardiaco

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Empagliflozin è efficace nel ridurre del 21 per cento il rischio combinato di morte o di ospedalizzazione per insufficienza cardiaca nei pazienti con scompenso cardiaco con funzione sistolica preservata, con o senza diabeteSono i principali risultati dello studio internazionale pubblicato sul The New England Journal of Medicine, la rivista scientifica più prestigiosa al mondo tra quelle mediche. Lo studio è stato presentato nel corso del Congresso dell’European Society of Cardiology il 27 agosto scorso ad Amsterdam.  

Lo scompenso cardiaco è una condizione caratterizzata dall’incapacità del cuore di pompare una quantità di sangue adeguata ai bisogni dell’organismo. Si stima che questa condizione, solo in Italia, colpisca circa 1.000.000 persone. I soggetti più a rischio sono in prevalenza anziani, donne, pazienti con obesità o con diabete di tipo 2. Oltre i 65 anni di età rappresenta la prima causadi ricovero in ospedale. Quasi il 60 per cento dei pazienti viene inoltre re-ospedalizzato entro un anno dal primo ricovero. La condizione può aggravarsi fino a portare all’edema polmonare acuto e alla morte. Circa il 10% dei pazienti muore in occasione del primo ricovero ospedaliero, oltre il 25% entro un anno dalla diagnosi e circa la metà entro 5 anni.  

Per i cardiologi di tutto il mondo lo scompenso cardiaco è un classico caso di ‘unmet clinical need’, definizione anglosassone che indica una necessità per la quale la risposta clinica è inadeguata, quando non del tutto assente, a fronte di una condizione in assoluto tra le più orfane di terapie, ma allo stesso tempo tra le più gravi e diffuse a livello epidemiologico in campocardiovascolare, con un quadro peraltro in peggioramento per il futuro. In Italia si contano 90.000 nuovi casi ogni anno, ma la prevalenza della malattia aumenta di circa il 2% per ogni decade di età, e raggiunge il 10% nei pazienti over 70.  

Empagliflozin è una molecola già conosciuta, è attualmente indicata nel trattamento del diabete di tipo 2. In ambito cardiologico è indicata negli adulti per il trattamento dell’insufficienza cardiaca cronica sintomatica con frazione di eiezione ridotta. L’importanza di questo studio consiste nell’avere indagato, per la prima volta, l’efficacia del farmaco anche per i pazienti con frazione di eiezione preservata (HFpEF), cioè con un certo livello di funzionamento residuo della pompa cardiaca. 

Una condizione che da sola, conta circa la metà dei casi di scompenso cardiaco. In Italia si stimano infatti 500.000 pazienti che potrebbero ora beneficiare della nuova terapia

Oltre alla riduzione del rischio combinato di morte o di ospedalizzazione per insufficienza cardiaca pari al 21%, lo studio ha dimostrato che Empagliflozin riduce del 27 per cento il rischio relativo di prima ospedalizzazione e di successivi ricoveri per insufficienza cardiaca e rallenta significativamente il tasso di declino della funzionalità renale. I risultati mostrano vantaggi evidenti della terapia già a partire dal 18° giorno di somministrazione, che si traducono in un significativo miglioramento della qualità di vita del paziente. 

Lo studio multicentrico ed internazionale ha arruolato 5.988 pazienti da diversi centri in tutto il mondo. Tra i centri che hanno partecipato allo studio figura anche l’Unità di Cardiologia del Papa Giovanni XXIII, con Mauro Gori e il direttore Michele Senni, che è anchedirettore del Dipartimento cardiovascolare. Michele Senni è tra l’altro uno dei due coordinatori per l’Italia, nonché uno degli autori, dello studio EMPEROR-Preserved. La Cardiologia del Papa Giovanni è stata inserita nell’ottobre scorso tra i migliori 200 reparti di Cardiologia al mondonella prima edizione della classifica World’s Best Specialized Hospitals 2021 (migliori ospedali specializzati del mondo) a cura dalla prestigiosa rivista statunitense Newsweek in collaborazione con Statista, elaboratore leader di dati sul mercato e sui consumatori. Un riconoscimento importante, se si considera che le classifiche stilate da Newsweek sulla qualità degli ospedali rappresentano il punto di riferimento negli Stati Uniti per gli addetti ai lavori in campo sanitario

“Questo studio clinico offre un’opportunità di cura importante per milioni di pazienti in tutto il mondo – spiega Michele Senni -. Per i centri di riferimento sullo scompenso cardiaco, come il nostro, è un passo che avrà un significativo impatto sulle terapie e sul miglioramento della prognosi negli anni a venire. Per noi aver partecipato e coordinato a livello nazionale lo studio è un riconoscimento ulteriore della nostra tradizione clinica, di formazione e di ricerca. Da noi i professionisti puntano ad essere non solo buoni clinici, ma anche esperti ricercatori. La nostra Cardiologia punta da sempre sull’innovazione in campo farmacologico e dei devices, per assicurare le cure migliori e più aggiornate ai nostri pazienti”.  

Empagliflozin, con lo studio di fase III, randomizzato a doppio cieco EMPEROR-Preserved, ha ora superato la fase finale dei trial clinici, fase che permette di stimare il beneficio concreto dell’utilizzo come terapia di un nuovo farmaco. Il passaggio conclusivo, prima dell’effettivo impiego della terapia a beneficio dei pazienti, è quello della valutazione e della successiva autorizzazione da parte delle autorità regolatorie del farmaco“Nessuna terapia per lo scompenso cardiaco aveva mai dimostrato prima in modo così chiaro la sua efficacia. Ora è auspicabile l’autorizzazione sia rilasciata il prima possibile, perché sia possibile l’utilizzo in campo clinico del farmaco anche per questa tipologia di pazienti”, conclude Senni.  

“Ogni avanzamento della ricerca in campo terapeutico offre la speranza, da un lato, di migliorare la prognosi e la qualità di vita dei pazienti. Dall’altro, permette di risparmiare costi enormi, tanto in termini di vite umane, quanto di spesa pubblica sanitaria a carico della collettività – ha commentato il direttore sanitario dell’ASST Papa Giovanni XXIII, Fabio Pezzoli -. Il nostro Ospedale si conferma, grazie alla consolidata tradizione di ricerca del dipartimento Cardiovascolare e della Cardiologia, uno dei riferimenti a livello internazionale per la diagnosi ed il trattamento di una delle patologie più diffuse, annoverata non a caso tra i ‘big killer’ assoluti in medicina”.  

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