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Cronaca

Bergamo, inchiesta Covid: dalla Procura “gravi omissioni accertate”

Inchiesta Covid in chiusura. Il procuratore: “gravi omissioni accertate da parte delle autorità sanitarie nel valutare i rischi epidemici e nella gestione della prima fase della pandemia”

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L’apertura dell’anno giudiziario 2023 è stata l’occasione, oggi a Brescia, sede del distretto, per fare il punto sull’attività della Procura di Bergamo, in particolare sull’inchiesta Covid ormai in chiusura. Un’indagine lunga quasi 3 anni (il fascicolo in carico al Procuratore aggiunto Maria Cristina Rota, era stato aperto a inizio aprile 2020) e delicatissima che, partendo da un’ottica locale, ovvero quanto accaduto di drammatico in provincia di Bergamo nella primavera 2020, ha toccato i piani più alti della politica regionale e nazionale, allargandosi al sistema sanitario e decisionale.

A rivelare interessanti spunti di riflessioni nella relazione della Procura è lo stesso procuratore di Bergamo Antonio Chiappani. Innanzitutto a che punto è l’inchiesta? Le indagini sono chiuse e ora “in corso – si legge – ci sono l’analisi della compendiosa informativa della polizia giudiziaria e delle consulenze tecniche”. Andando avanti si fa riferimento a “gravi omissioni accertate da parte delle autorità sanitarie nel valutare i rischi epidemici e nella gestione della prima fase della pandemia”. Il procuratore inoltre definisce “eclatante e di forte impatto” la scoperta del mancato aggiornamento del piano pandemico antinfluenzale, risalente al 2006.

Inchiesta Covid: le omissioni configureranno reato? Diversi i nodi da sciogliere

Ma le omissioni configureranno reato? Ciò potrebbe essere solo qualora venisse dimostrato il nesso di causalità tra queste omissioni, i contagi e i decessi. Ovvero bisognerà dimostrare che l’eccesso di mortalità registrato nella provincia di Bergamo dovuto dal Covid19 tra fine febbraio e aprile 2020, sia stato causato da quelle omissioni, senza le quali le cose sarebbero andate diversamente, ovvero con un finale meno tragico di quella che è stata la “strage di Bergamo”. Il procuratore fa riferimento alle oltre 3000 vittime accertate ma l’eccesso di mortalità è stato di 6200 persone in tutta la provincia rispetto agli anni precedenti. Tra i nodi da sciogliere quello della mancata zona rossa in bassa Valle Seriana e la mancata attuazione del piano pandemico.

Oltre le risultanze giudiziarie comunque “chiunque abbia pianto un morto a Bergamo ha il diritto di sapere come sono andate le cose – chiarisce il procuratore Chiappani alla stampa – poi si faranno le opportune valutazioni. Non abbiamo una mission, se non quella di informare la gente. Per riuscirci abbiamo agito senza alcun tipo di pregiudizio, abbiamo messo in campo un procuratore aggiunto e quattro sostituti, abbiamo assunto informazioni dai vertici del Governo e dai rappresentanti degli enti scientifici più accreditati”.

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