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Cronaca

Inchiesta Covid, l’avvocato di Speranza: “Sul piano pandemico ha sbagliato Crisanti”

“Il piano del 2006 era assolutamente inefficace e comunque non doveva essere applicato dal 5 gennaio, su questo ha sbagliato Crisanti”. La replica dei legali dei familiari delle vittime: “Non è stato fatto nulla di quello che andava fatto”

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Dalle dichiarazioni dell’avvocato dell’ex Ministro della Salute Roberto Speranza, Guido Calvi, che lo assiste nell’inchiesta Covid insieme a Danilo Leva, emerge una verità diversa sul piano pandemico nazionale. I magistrati di Bergamo che hanno lavorato per 3 anni sull’indagine che ricostruisce le primissime fasi della pandemia in Italia, contestano all’ex Ministro – e lo indagano per epidemia e omicidio colposi – di non aver attivato il piano pandemico nazionale in vigore allo scoppio della pandemia, il 5 gennaio 2020, quando l’OMS per la prima volta avvisò l’Europa del rischio concreto del nuovo virus.

“C’è un errore grave da parte del consulente Crisanti che ha indotto la Procura di Bergamo a seguirlo, il vincolo del 5 gennaio da parte dell’Organizzazione mondiale della sanità era una raccomandazione, nulla di più, tanto è vero che il 15 gennaio si riuniscono di nuovo e danno un’altra raccomandazione e solo il 30 l’OMS prende un provvedimento (lo Stato di emergenza, ndr.) – così ha spiegato Calvi alla fine dell’interrogatorio di Speranza di mercoledì 10 maggio davanti ai giudici del Tribunale dei Ministri -. L’1 febbraio il ministro Speranza prende le decisioni”. Speranza di fronte ai giudici ha parlato per circa mezz’ora e depositato una lunga memoria difensiva coperta da segreto.

Calvi ha fatto anche riferimento al fatto che il piano non fosse aggiornato dal 2006 (questo capitolo dell’indagine di Bergamo è stato stralciato per competenza al Tribunale dei Ministri di Roma e vede indagati anche altri ex Ministri) e quindi sarebbe stato comunque inefficace.

Le dichiarazioni di Calvi

Cosa doveva fare l’Italia dal 5 e dal 17 gennaio 2020 e non è stato fatto

Ma le dichiarazioni e la difesa di Speranza non convincono i legali dei familiari delle vittime che hanno presentato gli esposti alla Procura di Bergamo. “Anche le dichiarazioni rese dalla difesa di Speranza, come quelle di Conte, poco convincono e per spiegare questo dobbiamo fare qualche precisazione – commenta Consuelo Locati, legale dei familiari delle vittime del Covid19 -. Un aspetto chiave della capacità di risposta a una pandemia è il controllo delle infezioni nelle strutture sanitarie, RSA e medicina territoriale. Nel 2020, 2021 e 2022 l’Italia, assieme alla Romania, erano considerati in Europa i peggiori nella diffusione di batteri resistenti e delle infezioni ospedaliere e, come ha dichiarato l’ex Direttore della Direzione Generale di Prevenzione Giovanni Rezza in un’intervista del  07 maggio 2020 a David Colantoni, “l’Italia è uno dei paesi in cui c’è più antibiotico resistenza in Europa, insomma, se c’è antibiotico resistenza vuol dire che il controllo delle infezioni non funziona un gran che, giusto?” […] “il controllo delle infezioni in questo Paese, da anni e anni non è il massimo, tanto è vero che ora con il Covid19 abbiamo visto il dieci per cento dei casi verificarsi fra i sanitari, questo in parte è stato dovuto alla mancanza di Dispositivi di Protezione Individuali, dall’altro a uno scarso training.

“Ciò vuol dire che – continua Locati -, se anche la raccomandazione inviata dall’OMS il 5 gennaio 2020 non era vincolante per gli stati, (circolare che, per intenderci invitava tutti gli Stati di applicare a titolo precauzionale le linee guida per il controllo delle infezioni in ambiente epidemico/pandemico valide anche per la SARS), tuttavia doveva comunque essere considerata, secondo il Regolamento Sanitario Internazionale, quale linea guida su base “scientifica” e vincolava comunque lo Stato a conseguire lo scopo di prevenire le infezioni in ambiente ospedaliero, nelle RSA e nella medicina territoriale”. 

“Se, come dice la difesa di Speranza, non vi era l’obbligo dell’Italia di seguire le indicazioni dell’OMS – continua il Generale Pierpaolo Lunelli, consulente dei familiari delle vittime – tuttavia era comunque obbligo dell’Italia mettere in campo tutte le misure per prevenire le infezioni ospedaliere in vista di un’emergenza che era stata annunciata comunque il 05 gennaio 2020 dall’OMS. Questo non è stato fatto. Non solo, a partire dalle linee guida OMS del 2009, ogni stato deve attivarsi nella prevenzione delle emergenze nel momento in cui sia dato ad ogni stato la comunicazione del grado di valutazione del rischio di un’epidemia/pandemia, da parte dell’OMS e dell’ECDC. Nel caso della pandemia da Covid-19, il 17 gennaio 2020 l’ECDC valutava per l’Europa un rischio moderato di infezione da Covid-19, e da questo momento comunque scaturiva l’obbligo per il Ministero della Salute, di attivare ogni procedura per prevenire sia le infezioni e, quindi, la diffusione del contagio sul territorio. E nemmeno dal 17 gennaio 2020 nulla è stato fatto”.

Ora i giudici del Tribunale dei Ministri hanno 90 giorni di tempo e due strade: archiviare o inviare gli atti a Roma per la richiesta al Parlamento di autorizzazione a procedere. 

Gessica Costanzo

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