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Cronaca

Cosa non torna nella difesa di Conte sulla mancata zona rossa della Valle Seriana

La avvocata di Conte si è concentrata sul 2 marzo ma le mancate decisioni di Conte contestate dai magistrati si riferiscono al lasso di tempo tra il 3 e il 5 marzo 2020, quando Conte non firmò il decreto che avrebbe dovuto chiudere Nembro ed Alzano Lombardo

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La notizia di ieri, mercoledì 10 maggio 2023, ripresa su tutti i giornali e tg nazionali è che l’ex premier Giuseppe Conte e l’ex Ministro della Salute Roberto Speranza hanno risposto a tutte le domande che i giudici del Tribunale dei Ministri di Brescia hanno posto loro nell’interrogatorio che va a chiudere la fase investigativa nel contesto della maxi inchiesta Covid della Procura di Bergamo che si era conclusa a inizio marzo 2023, dopo 3 anni di indagini, con un’informativa che ha visto indagate 19 persone tra cui Conte e Speranza, chiamati a rispondere di epidemia colposa e omicidio colposo. Il contesto è la fase pre pandemica, dal primo alert dell’OMS del 5 gennaio 2020, passando per lo stato di emergenza sanitaria del 30 gennaio 2020, fino alle decisioni di quelle settimane convulse dove, nella sola provincia di Bergamo, si sono registrati in meno di due mesi circa 6000 morti in più.

I due parlamentari sono arrivati al Palazzo di Giustizia di Brescia mercoledì 10 maggio tra le 13:30 e le 14 separatamente da ingressi a loro riservati, senza incontrate la stampa numerosissima, e sono stati sentiti un’ora ciascuno. Al termine entrambi i loro legali hanno rilasciato importanti dichiarazioni.

Conte ha parlato del 2 marzo ma il nodo è il decreto non firmato

Caterina Malavenda, avvocato di Conte, ha detto che l’ex premier ha risposto a tutte le domande spiegando tutto sulla mancata zona rossa della Valle Seriana. Quello che gli viene contestato dai magistrati bergamaschi infatti è il non aver istituito la misura di contenimento nei due comuni focolaio della bergamasca (Nembro ed Alzano Lombardo) seppure fosse a conoscenza della situazione tragica del contagio, soprattuto e certamente dal 2 marzo 2020. Per questo Conte è indagato per epidemia colposa, come contenuto nel 415 bis della Procura.

“Ha spiegato tutto quello che è accaduto dal 26 febbraio al 6/7 marzo (prima del lockdown nazionale, ndr.), è stato esauriente, speriamo che finisca tutto presto e bene – ha commentato la Malavenda -. Oggi ha tutti i documenti e ha commentato soprattutto la nota informale del 2 di marzo, che neanche la Procura aveva il 12 giugno (2020, quando venne sentito dai magistrati bergamaschi a Roma, ndr.)”.

Le dichiarazioni della Malavenda

L’attenzione dunque è stata focalizzata sulla riunione informale che Conte fece il 2 marzo 2020 con i membri dell’allora CTS e sull’indicazione data dall’ISS di estendere le misure di contenimento ai due comuni della Valle Seriana, formalizzata poi nel verbale della riunione ufficiale del 3 marzo (in foto). Così disse Agostino Miozzo (ex capo del CTS, anch’esso indagato) sentito dai magistrati: “Tra i vari argomenti affrontati in quell’incontro si è parlato anche di estensione della zona rossa, di possibili impatti sociali ed economici di esse, di valutazioni circa l’affidabilità dei dati epidemiologici trasmessi dalle Regioni. Dalla consultazione in questo momento degli appunti che ho redatto io, oppure una mia collaboratrice, nel corso di svolgimento della riunione pomeridiana del 2.3.2020, ore 18.00 (documento che vi produco) mi risulta che in questa riunione si è fatto espressamente riferimento ai “numeri preoccupanti” dei Comuni di Alzano Lombardo e Nembro oltre che di Cremona, evidenziando che si trattava di Comuni “molti vicini a Milano”, caratterizzati da “forte circolazione locale”; si evidenziava altresì che “chi viene da fuori dovrebbe avere accesso limitato al Comune, necessarie misure limitazione ingresso e uscita oltre che distanziamento sociale”.

Nonostante dunque il presidente dell’Iss Silvio Brusaferro (anch’esso indagato), che aveva contezza dei numeri del contagio, in quell’incontro informale alle 18 del 2 marzo 2020 suggerì di limitare l’accesso a questi comuni, come uscito sulla stampa già nel 2021, Conte “decide di rifletterci” – si legge nell’appunto informale messo agli atti. Possiamo ipotizzare dunque – come detto dalla sua legale – che Conte abbia spiegato ai Giudici di quell’incontro già noto all’opinione pubblica e probabilmente abbia detto come mai abbia deciso di rifletterci. Ma per dovere di cronaca, e per rispetto dell’inchiesta della Procura di Bergamo, va precisato che il passaggio che lo vede responsabile sta nei giorni successivi: precisamente tra il 3 marzo e il 5 marzo 2020, quando l’indicazione di chiudere Nembro e Alzano venne messa a verbale. Come mai in quel momento Conte non agì? Il Ministro Speranza si attivò firmando il Decreto fantasma che doveva chiudere Nembro e Alzano mentre Conte non lo firmò mai giustificandosi dicendo che il 9 marzo arrivò a chiudere tutta l’Italia. Pochi giorni che in epidemiologia possono essere determinanti e che probabilmente hanno cambiato le sorti della bergamasca e dell’intera Italia. Per questo i bergamaschi e gli italiani si meritano l’intera verità sulla vicenda che vede coinvolta anche Regione Lombardia, nel presidente Attilio Fontana (anch’esso indagato) che allo stesso modo, avendo contezza dei dati già da fine febbraio, non fece né chiese una zona rossa. Coinvolte anche le forze dell’ordine, mandate in bergamasca proprio in quei primi giorni di inizio marzo e poi ritirate prima del primo lockdown nazionale. Questa è una delle tante verità negate, visto che il Consiglio di Stato ha deciso di non desecretare i documenti e le decisioni del Governo relativi alla vicenda dei militari.

Una mancata decisione, quella della zona rossa in Val Seriana, che costò tra le 2000 e le 4000 vite, come messo nero su bianco dalla perizia del consulente della Procura di Bergamo Andrea Crisanti.

Ora i giudici del Tribunale dei Ministri hanno 90 giorni di tempo e due strade: archiviare o inviare gli atti a Roma per la richiesta al Parlamento di autorizzazione a procedere. 

Così hanno commentato la giornata i familiari delle vittime dell’Associazione #Sereniesempreuniti, che hanno contribuito a far partire l’inchiesta con i loro esposti: “Prendiamo atto delle dichiarazioni che, a mezzo dei propri legali i due indagati, l’ex Premier Conte e l’ ex ministro Speranza, hanno rilasciato nel corso degli interrogatori odierni. Rimaniamo in attesa di capire se il tribunale dei Ministri le riterrà in linea con quanto è emerso dalle indagini della Procura di Bergamo e attendiamo l’esito delle valutazioni dei magistrati nei quali, come sempre, riponiamo massima fiducia“.

Un commento arriva anche dai legali dei familiari, rappresentati dall’avvocato Consuelo Locati che dice: “Ci auguriamo che i Giudici abbiano accertato tutte le responsabilità degli indagati che sono ben più ampie di quanto dichiarate dagli avvocati di Speranza e Conte. Responsabilità di cui noi abbiamo evidenza documentale sia per quanto riguarda la zona rossa che il piano pandemico“. E proprio in merito al piano pandemico nazionale non applicato e alle dichiarazioni dell’avvocato di Speranza, parleremo in un altro articolo domani.

Gessica Costanzo

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