Economia & Lavoro
Dimissioni: un esodo al femminile. Bergamo torna ai livelli pre-covid
CISL “Si soffre la mancanza di servizi per la maternità. Servono politiche per la conciliazione vita lavoro”
BERGAMO – Continuano a crescere le dimissioni volontarie tra le donne in provincia di Bergamo: dall’ultima rilevazione INL (Direzione Centrale Vigilanza Ispettorato Nazionale del Lavoro), 1118 lavoratrici si sono allontanate dal proprio impiego, contro i 322 colleghi maschi (erano 813 nel 2020, su un totale di 1051 pratiche). I numeri delle dimissioni orobiche stanno riprendendo la dimensione del “pre covid”: nel 2019, infatti, furono 1425 le pratiche elaborate dall’INL (1071 quelle femminili). Rispetto al dato nazionale (2019-2022), in Italia le dimissioni aumentano del 17%, a Bergamo restano praticamente invariate, però aumentano le donne che si dimettono (+6%) e diminuiscono gli uomini (-15%).
È il segnale, l’ennesimo, che restano nel mercato del lavoro bergamasco alcuni fenomeni strutturali che penalizzano ancora le lavoratrici e si ripercuotono sulla crescita delle famiglie.
Dimissioni: lavoro troppo distante dalle esigenze familiari
Quello delle dimissioni volontarie rimane uno degli aspetti che più allerta il sindacato, anche perché la lettura dei dati dell’INL testimonia quanto poco sia ancora stato fatto per avvicinare il pianeta lavoro a quello familiare: quasi il 90% delle dimissioni al femminile avviene tra i 24 e i 40 anni, e cioè, presumibilmente, all’atto della nascita del primo o del secondo figlio. La metà dei genitori (in questo compresi anche i maschi) si dimette con il primo figlio, un altro 40% all’arrivo del secondo. È quasi inutile sottolineare come il fenomeno delle dimissioni volontarie riguardi per il 95%dei casi qualifiche professionali medio basse (operai e impiegati).
L’assenza di parenti di supporto, l’elevata incidenza dei costi di assistenza al neonato (asilo nido/baby sitter), il mancato accoglimento al nido rappresentano le motivazioni di 512 lavoratrici e di 4 lavoratori.
La difficoltà di accordo con il datore di lavoro nel modificare gli orari di lavoro (turni, flessibilità ingresso/uscita, ecc.), nel concedere il part time; il fatto che
la sede di lavoro è stata cambiata o è troppo lontano; che le mansioni sono state cambiate oppure che l’organizzazione e le condizioni di lavoro sono particolarmente gravose e difficilmente conciliabili con le esigenze di cura della prole sono le ragioni alla base di 333 dimissioni femminili e di 17 maschili.
Il passaggio a altra azienda rappresenta il 25% dell’allontanamento volontario delle donne e l’84% degli uomini.
“La fotografia che ci viene restituita dai dati , che vanno letti insieme alle dinamiche demografiche e a quelle del mercato del lavoro, conferma le difficoltà delle mamme al lavoro. Tuttavia – sottolinea Candida Sonzogni, della segreteria CISL di Bergamo – una riflessione rispetto alle motivazioni dichiarate in fase di dimissioni e a come sono cambiate dal 2019 al 2022, ci permette di mettere in evidenza che le mamme soffrono maggiormente le difficoltà connesse ai servizi, più nel 2022 che nel 2019, mentre sembra che le difficoltà connesse al lavoro abbiano un impatto meno significativo nel decidere di dimettersi: per esempio, le donne che si sono dimesse nel terziario sono passate dall’83% al 73% . A ciò può avere contribuito una maggiore diffusione dello smart working, la capacità di trovare un diverso equilibrio tra vita e lavoro grazie anche alle buone pratiche nei luoghi di lavoro e alla capacità e volontà del sindacato di contrattare conciliazione per donne e per uomini. Certamente, molto si deve fare sul fronte dei servizi, che resta un elemento estremamente critico a livello generale, anche perché sarà sempre meno probabile che i nonni continuino ad assolvere il compito di cura dei propri nipoti, così come siamo abituati a vedere ancora oggi.
Per la CISL – conclude la sindacalista -, l’impegno è al confronto su tutti i fronti perché, nella libertà di scegliere anche di prendersi cura esclusivamente dei propri figli e figlie, le mamme possano continuare ad essere lavoratrici, anche fuori dalle mura domestiche”.
Nel 2022 la nostra provincia segnava un tasso di occupazione (cioè il rapporto tra occupati e popolazione tra 15 e 64 anni di età) pari al 67,76%, con due punti percentuali in più sul 2021: un divario ampio rispetto al dato Nazionale pari al 60,1% più basso rispetto al dato Europeo del 69,9%.
Il tasso di occupazione maschile a Bergamo è del 77% superiore a quello lombardo (75,8) ed europeo (74,8). Ben diverso il dato femminile in provincia, pari al 57,8% rispetto al dato lombardo (60,4%) ed Europeo (65%).
Il differenziale tra occupazione femminile rispetto a quella maschile a Bergamo è del -19,2%, più ampio rispetto al dato lombardo (-15,4%) ed europeo (-9,8%).
Il tasso di disoccupazione in provincia del 3,4%, il sesto più basso tra le provincie italiane, al 2,4% per gli uomini e al 4,8% per le donne.
“I dati relativi al mercato del lavoro evidenziano tutta la difficoltà che la nostra provincia ha nel mantenere un dato occupazionale femminile in linea rispetto alla situazione lombarda ed europea – è il commento di Danilo Mazzola, collega di segreteria CISL. Una media più bassa di quasi 3 punti rispetto al dato lombardo e di oltre 7 punti peggiore se raffrontato al dato europeo.
Questa differenza si evidenzia ancor di più se raffrontiamo il dato di occupazione femminile rispetto a quello maschile, sempre nella nostra provincia, condizione ancora più negativa se rapportata al dato lombardo ed europeo.
Situazione totalmente diversa relativa al dato di occupazione maschile a Bergamo, il migliore rispetto al dato lombardo ed europeo.
La nostra provincia deve fare molto di più per permettere alle donne di lavorare e di rimanere al lavoro in particolare quando hanno figli, visti i dati sulle dimissioni entro i tre anni di vita del bambino che hanno visto un aumento del 6% rispetto al 2019.
Servono più politiche, partendo dalla contrattazione, dedicate ai temi di conciliazione vita e lavoro utile a un mercato del lavoro che a Bergamo, in particolare in alcune settori, fa fatica a trovare lavoratori e lavoratrici, sapendo che la tecnologia negli anni ha permesso alle donne di svolgere attività che nel passato erano solo in capo agli uomini”.
Continua a leggere le notizie di Valseriana News e segui la nostra pagina Facebook