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Cronaca

Spesa sociale, in bergamasca divario tra piccoli e grandi comuni

Spesa sociale, in bergamasca divario tra piccoli e grandi comuni: penalizzati soprattutto quelli piccolissimi, dove aumenta la disparità di accesso della popolazione ai servizi.

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La CGIL di Bergamo, in collaborazione con l’istituto di ricerca IRES Morosini, ha provato a gettare uno sguardo di approfondimento sulla spesa sociale dei Comuni, così come viene riportata dal Ministero dell’Interno che raccoglie e classifica, secondo criteri nazionali, i bilanci di tutti i Comuni italiani (Missione 12 dei bilanci comunali). 

“Analizzando i casi di 212 Comuni bergamaschi (su 243), quelli per i quali è già disponibile il Bilancio Consuntivo 2018, si può affermare, come prima constatazione, che la loro spesa sociale sia in crescita: nel triennio 2016-2018 gli impegni di spesa sono cresciuti dell’8,3% (da 98,6 a 107 milioni di euro), una percentuale che, se depurata dalle dinamiche dell’inflazione, diventa del 5,9%” spiega Gianni Peracchi, segretario generale della CGIL di Bergamo. “Un valore positivo, dunque, anche se inferiore alla media nazionale e a quella delle altre province lombarde”.

Una seconda chiara indicazione che emerge dai dati è – prosegue Peracchi, “il notevole divario tra Comuni di grandi dimensioni e piccoli Comuni (al di sotto dei 5mila abitanti). La frammentazione istituzionale del nostro territorio penalizza soprattutto quelli piccoli e piccolissimi, aumentando la disparità di accesso della popolazione ai servizi: nei piccoli centri il bilancio è fortemente squilibrato a vantaggio delle le spese di amministrazione generale – Missione 1 dei bilanci comunali. Da tempo, quindi, sosteniamo e incoraggiamo tutte le varie forme di aggregazione dei comuni come Unioni di Comuni e Convenzioni per gestione associata dei servizi”.

Le tabelle con i dati analitici dei singoli Comuni vanno, però, “lette con cautela”, avverte il segretario generale CGIL. “Anche se i dati riportati dal Ministero sono standardizzati, non tutti i Comuni hanno aggregato le voci di spesa nello stesso modo: c’è chi, ad esempio, ha computato le spese per i servizi educativi scolastici (assistenza ad alunni con disabilità – una voce di bilancio sempre più consistente) nella stessa ‘missione’ e chi in altre; lo stesso dicasi per il concorso alla spesa sociale degli Ambiti Territoriali e delle relative società di gestione. Le indicazioni di maggiore interesse che emergono da questi dati sono quindi quelle generali, che riguardano l’intero territorio provinciale che vede, come si è detto, un aumento della spesa sociale pro capite e un aumento, sempre nel triennio, dell’incidenza della spesa sociale sul totale del bilancio”.

Qqui di seguito l’analisi curata da IRES Morosini per la CGIL BERGAMO (settembre 2019)

LA SPESA SOCIALE DEI COMUNI DELLA BERGAMASCA

I dati più aggiornati sulla spesa sociale impegnata dai comuni mostrano che nel triennio 2016-2018[1] si è verificata una crescita che, seppure di modesta entità in termini assoluti, ha interessato l’aggregato provinciale. In termini nominali, la crescita complessiva degli impegni di spesa rilevati nei consuntivi è stata dell’8,3% (da 98,6 a 107 milioni), mentre quella corretta per l’inflazione (utilizzando l’indice NIC della Provincia di Bergamo) del 5,9%. Una dinamica crescente ha interessato anche l’aggregato della Regione Lombardia e quello dell’Italia, i quali però presentano un livello di spesa più alto nel 2018 (rispettivamente del 43% e del 33%): cioè, se nella bergamasca la spesa pro capite per i servizi sociali (Missione 12 del bilancio dei comuni) è pari a 105,6 euro, per l’aggregato lombardo tale valore cresce fino a 140,1 euro, raggiungendo i 151,4 euro a livello nazionale.

Mentre il confronto con il dato nazionale può essere poco informativo (si tratta infatti di una media di una distribuzione molto eterogenea, che comprende i 67 euro pro capite dei comuni campani così come gli oltre 300 del Friuli-Venezia Giulia e della Sardegna), lo scarto dalla media regionale è consistente, perché segnala la presenza di un’offerta molto più sviluppata in territori contigui. Delle altre province lombarde, solo Lecco e Sondrio hanno una più bassa spesa sociale pro capite.

Dai dati rilevati emerge con chiarezza l’enorme divario dei valori di spesa tra comuni piccoli (al di sotto dei 5mila abitanti) e quelli più grandi, con particolare riferimento a Bergamo, Dalmine, Seriate e Albino.

La scarsa capacità di spesa dei comuni bergamaschi va messa in relazione soprattutto con la frammentazione istituzionale della provincia in piccoli e piccolissimi comuni, più marcata rispetto alla situazione della maggior parte delle province lombarde. In assenza di adeguate politiche di area vasta (si pensi soprattutto all’istituzione, da parte del governo regionale, di ambiti ottimali per la gestione delle funzioni e dei servizi) e mirate al potenziamento delle dimensioni comunali, tali enormi divari sono destinati a perdurare e producono già oggi disparità di accesso della popolazione ai servizi.

Per quanto riguarda i piccoli e piccolissimi comuni, gli studi economico-finanziari insistono sulla presenza nell’azione amministrativa di questi enti di almeno quattro elementi di debolezza che minano la loro capacità di governo del territorio:

  • l’azione delle economie di scala, presente soprattutto nei comuni con meno di 3mila abitanti e in quelli montani, che è legata all’impossibilità per molte amministrazioni di esercitare appieno le proprie funzioni ed erogare in modo efficace un numero di servizi adeguato alle esigenze dei cittadini. In effetti, sul versante delle spese, al di là delle differenze di tipo geografico, socioeconomico e morfologico che esercitano influenze rilevanti sulla gamma dei servizi offerti, i piccolissimi comuni presentano la caratteristica costante di un rapporto tra attività di amministrazione generale ed altri servizi forniti enormemente squilibrato a favore delle prime, che irrigidiscono il bilancio. Relativamente ai comuni della bergamasca, la spesa pro capite per l’amministrazione generale (Missione 1) sul totale delle spese correnti cresce mediamente dai 153,9 euro rilevati negli enti di “medie” dimensioni (con popolazione compresa tra i 10.001 e i 20.000 abitanti) ai 436,8 euro dei comuni fino a mille abitanti (Figura 1);
  • le carenze di ordine professionale. I comuni minori non dispongono di figure direttive e di competenze specializzate;
  • il livello dell’imposizione fiscale locale molto alto: per i comuni fino a 1.000 abitanti, nel 2018, la pressione tributaria (accertamenti di entrate tributarie/popolazione) era pari in media a 892 euro, mentre per i comuni con popolazione compresa tra i 5.000 e i 10.000 abitanti era di circa 464 euro.

Peraltro, in base all’analisi della spesa sociale e della pressione tributaria per ambiti territoriali, si evince come in diversi casi, specie per quanto riguarda la Valle Brembana (cui appartengono soprattutto piccoli e piccolissimi comuni), ai bassi valori degli impegni di spesa per gli interventi sociali (pari, in media, a 71 euro pro capite) si associa un’elevata pressione tributaria (703 euro, la più alta in assoluto a livello provinciale), in presenza di avanzi di amministrazione disponibili cospicui rilevati presso numerosi comuni (Sorisole, San Pellegrino Terme, Piazza Brembana, Oltre il Colle, ecc.).

Oltre al dato sugli importi non elevati destinati alla spesa sociale le criticità riguardano anche il numero dei servizi sociali erogati da tutte le amministrazioni comunali della bergamasca, almeno in base a quanto riportato dall’ISTAT per il 2016. Dei 68 servizi contemplati dalla scheda di ricognizione dell’Istituto di statistica nazionale, nella provincia bergamasca cinque soltanto comprendono il 58,2% delle utenze: il segretariato sociale, il servizio sociale professionale, le attività ricreative, il trasporto sociale, i centri sociali e di aggregazione e le altre attività di integrazione sociale. Complessivamente, il segretariato sociale e il servizio sociale professionale, che non rappresentano vere e proprie prestazioni, ma porte di accesso e canali di indirizzo e consulenza, comprendono il 41,1% degli utenti. Il 32,9% delle utenze riguardano la categoria delle famiglie e dei minori, il 24,8% quella degli anziani, il 9,1% quella dei disabili, il 5,3% quella degli individui poveri, con disagio sociale e senza fissa dimora (che nell’aggregato regionale costituiscono l’8%), il 4,9% quella degli immigrati e i nomadi, lo 0,6% quella delle dipendenze e il 22,5% le multi-utenze. In definitiva, questi dati forniscono indicazioni sulla carenza di servizi reali alla persona nel territorio della bergamasca, e pongono seri interrogativi sull’effettiva copertura della domanda sociale da parte del welfare locale.

Figura 1. Spesa sociale pro capite (impegni di spesa corrente per la Missione 12 al netto del servizio necroscopico e cimiteriale), spesa per l’amministrazione generale pro capite (impegni di spesa corrente per la Missione 1) e indice di pressione tributaria (accertamenti per le entrate del Titolo 1 in valori pro capite). Aggregati dei comuni bergamaschi corrispondenti alle 7 fasce di ampiezza demografica dei comuni. Anno 2018.

Nota: Elaborazione effettuata sui 212 dei 243 comuni della Provincia di Bergamo per i quali è disponibile il bilancio di tutti e tre gli esercizi.
Fonte: Elaborazione IRES Lucia Morosini su bilanci comunali

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