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Cronaca

23 febbraio 2020, quella domenica che ci cambiò la vita

Domenica 23 febbraio la notizia dei primi casi positivi in Valle Seriana e poi la caduta nel vuoto. Riviviamo quei difficili momenti con gli articoli e le immagini di quella giornata

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Il 23 febbraio 2020 la vita dei cittadini della Valle Seriana è cambiata per sempre: anche quella di tutti i bergamaschi e poi quella di tutti gli italiani, penserete voi. Ma vi assicuro che quella che è stata più travolta e stravolta è stata quella della gente della Valle dove scorre il fiume Serio. Una Valle, in provincia di Bergamo, che il resto d’Italia probabilmente non aveva mai neanche sentito nominare e che non sapeva neanche collocare sulla cartina geografica. Qui è stato un incubo perché il Covid-19 ha portato via tutto: i nostri nonni nelle Rsa ma anche quelli che a casa si prendevano cura dei nipoti e facevano i volontari in paese.

Tra fine febbraio, marzo e aprile il virus ha ucciso chiunque: medici, infermieri, autorità come il sindaco di Cene Giorgio Valoti e diversi uomini di fede. E poi è toccata anche ai più giovani come Emiliano Perani di Casnigo, che aveva 35 anni e nella vita faceva il fotografo. C’è chi ha perso entrambi i genitori, chi ha assistito i propri cari in casa perché negli ospedali non c’era più posto e chi i propri familiari li ha anche vestiti in attesa dell’arrivo degli addetti alle pompe funebri che non avevano più neanche bare a disposizione. Poi, a portarle vie quelle bare che non ci stavano più da nessuna parte, ci sono stati i camion militari il 18 marzo a Bergamo. Quelle immagini hanno squarciato il velo di omertà e forse di incredulità che c’era stato fino ad allora. Così si è capito. Si è capito quello che in Valle Seriana si stava vivendo da quel 23 febbraio.

23 febbraio 2020: l’inizio del dramma della Valle Seriana

Il 23 febbraio era una bella domenica soleggiata; era la domenica di Carnevale ma ci svegliammo con la notizia che – dopo i primi casi a Codogno e Vo (in Veneto) – tutte le manifestazioni sportive erano state sospese. Il giorno prima tra l’altro, il Rettore dell’Università di Bergamo Remo Morzenti Pellegrini, in qualità di Presidente della Conferenza dei Rettori delle Università Lombarde, aveva sospeso le lezioni di tutti gli atenei per evitare lo spostamento di migliaia di studenti il lunedì successivo.

Regione Lombardia nel frattempo aveva emesso un’ordinanza che chiudeva tutte le scuole e impediva tutte le manifestazioni comprese ovviamente le sfilate di Carnevale. Alcuni genitori però uscirono lo stesso in maschera con i bambini e alcuni comuni fecero comunque delle festicciole perché la situazione non sembrava essere così grave.

Mentre cresceva la tensione anche tra gli amministratori locali che dovevano gestire le domande dei cittadini relative a questi primi provvedimenti, la vera doccia fredda arrivò alle 15 con questo post pubblicato su Facebook che venne presto fatto rimuovere.

Ore 15: da Facebook si apprende della chiusura

Da lì fu un susseguirsi di voci fino alla fuga di notizie relativamente ai primi positivi, i cui dati personali circolavano sulle chat private. E infine alle 16:50 la conferma sul sito del Comune di Alzano Lombardo.

I primi positivi erano Ernesto Ravelli, 83enne di Villa di Serio e Alfredo Criserà, 66enne di Nembro. Entrambi erano ricoverati da giorni e non avevano alcun legame con la Cina. Nel frattempo un altro caso sospetto era arrivato in ambulanza così, l’allora Direttore Medico dell’ospedale Giuseppe Marzulli, decise di chiudere tutto per capire il da farsi visto che ci si trovava di fronte ad un evento imprevisto. Finché in serata arrivò l’ordine di riaprire (leggi l’articolo qui).

L’ordine della riapertura nelle chat interne 

La serata si concluse con una conferenza stampa dalla Regione Lombardia che rassicurava su quanto stesse accadendo, che era presto per parlare di un focolaio a Bergamo e che tutto sommato si era pronti. I sindaci bergamaschi vennero convocati tutti al Centro Congressi Papa Giovanni per una riunione di coordinamento con la Prefettura mentre i cittadini tirarono un sospiro di sollievo visto che i positivi erano stati trasferiti al Papa Giovanni dove c’era la Terapia intensiva. Peccato che Ravelli morirà quella stessa sera (prima vittima bergamasca) dando il via a una serie interminabile di decessi che oggi ci portano a contare nell’intera provincia di Bergamo ameno 5000 morti in più rispetto agli anni precedenti nel periodo che va dal 20 febbraio 2020 a fine marzo 2020.

Una strage silenziosa ma ancora oggi inaccettabile per le mancanze e le lacune nel gestire la prima ondata. Lacune, mancanze e responsabilità che la Magistratura sta accertando con l’inchiesta in corso della Procura di Bergamo. Perché, se non ci potrà più essere pace, che ci siano almeno verità e giustizia. Oggi, a un anno di distanza, le esigiamo più che mai.

Gessica Costanzo

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1 Commento

1 Commento

  1. Alberto

    23 Febbraio 2021 at 12:49

    Intanto “scopriamo” che le mascherine non servono a un granchè…
    https://www.ecdc.europa.eu/en/publications-data/using-face-masks-community-reducing-covid-19-transmission

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