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Cronaca

Perché il disastro della Val Seriana non è un caso

Quattro giorni dividono le sorti della provincia di Lodi da quella di Bergamo. Le scelte diverse ne determinano le conseguenze. E la curva dei contagi – e il numero dei decessi – sono un dato di fatto.

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La nostra indagine comincia con la telefonata di un’infermiera che ci dice: “Non ce la facciamo più, stiamo lavorando con un medico positivo al Coronavirus. Certe cose devono essere dette”.

E’ la settimana che va dal 2 all’8 marzo, quella che doveva essere decisiva. Siamo ad Alzano Lombardo, noi di Valseriana News siamo lì fisicamente per capire se la tanto preannunciata zona rossa che avrebbe dovuto isolare il comune di Alzano e quello di Nembro, venga effettivamente predisposta. Mentre le ambulanze corrono una dietro l’altra verso l’ospedale, ci chiediamo com’è possibile che in piena emergenza in ospedale ci siano degli atteggiamenti così negligenti come quello testimoniato dall’infermiera.

Il 15 marzo pubblichiamo un primo articolo che parla del prezzo che la nostra amata Val Seriana sta pagando. Un prezzo troppo alto causato da sottovalutazione, mancate decisioni ed errori.

Una serie di errori. Che si sono ripetuti nel tempo. Per questo possiamo dire che la tragedia che si è abbattuta sulla nostra provincia non è un caso.

Il focolaio in Val Seriana contemporaneo a quello del lodigiano

Ma facciamo un passo indietro. A quando le strane polmoniti, denunciate anche da molti medici, entrano, e non vengono riconosciute, negli ospedali della Valle e di altre zone del nord Italia. Come sia arrivato il Covid-19 qui è un altro paio di maniche. Ma la domanda da farsi è: i focolai di Coronavirus erano già presenti da tempo qui? Ormai è certo. Ed è forse per questo che il virus, non indagato per tempo, ha avuto modo di attecchire così vigorosamente.

Il focolaio della Val Seriana dunque è contemporaneo (se non addirittura precedente) a quello di Codogno, a sostenere la tesi anche il vice ministro alla Salute Pierpaolo Sileri in collegamento con la nostra giornalista Gessica Costanzo domenica sera a Non è L’Arena su La7 (guarda la puntata qui) che ha dichiarato: “Il paziente di Alzano risultato positivo il 23 febbraio fu ricoverato il 15, quindi quello che è il paziente 1 di Codogno in verità non lo è più. Il contagio è partito da prima di quello del 20 febbraio. Erano in atto già diversi focolai. Persone ignare hanno distribuito il virus. Sono d’accordo che andrà investigato tutto ciò. Il fatto di chiudere e riaprire l’ospedale è stato dettato anche dall’emergenza”.

Come abbiamo già ampiamente ricostruito quella domenica 23 febbraio (quanto risultano positivi al Coronavirus due degenti del Pesenti Fenaroli, uno in Medicine e uno al Pronto Soccorso) l’ospedale di Alzano Lombardo viene chiuso e riaperto nel giro di poche ore senza che vengano adottati i provvedimenti necessari. A dirlo in questa lettera è un’altra infermiera che racconta minuto per minuto cos’è successo in quei giorni cruciali. Ad Alzano è andata diversamente che a Codogno dove l’ospedale in cui transitò il paziente 1 venne chiuso e sanificato. E sul quale è in corso un’inchiesta. Mentre qui no.

Due province, quattro giorni e scelte diverse

20 febbraio – 23 febbraio. Quattro giorni dividono le sorti della provincia di Lodi da quella di Bergamo. Le scelte diverse ne determinano le conseguenze. E la curva dei contagi è un dato di fatto: laddove nel lodigiano si stabilizza, a Bergamo impazzisce proprio in quella settimana. E l’impressionate numero di morti, circa 4500, come documentato oggi da L’Eco di Bergamo e dal Corriere della Sera, è una delle conseguenze più gravi e tragiche di tutta questa storia.

La curva dei contagi pubblicata sul sito della Regione, nella prima settimana di marzo la situazione in bergamasca impenna rispetto a Lodi dove resta contenuta

Quei giorni all’ospedale di Alzano Lombardo

A raccontarci quanto accaduto, oltre ad un’operatrice socio sanitaria che si trovava in ospedale quella notte e ad un uomo che ha perso entrambi i genitori, anche Francesca, la nipote di una donna di un paese dell’hinterland di Bergamo ricoverata a metà febbraio e deceduta, sempre in ospedale ad Alzano Lombardo il 5 marzo.

Il racconto di Francesca è lucido e dettagliato: “Io stessa andavo a fare assistenza a mia nonna di 90 anni che si trovava ricoverata nel reparto di Medicina dell’ospedale di Alzano Lombardo dal 17 febbraio. Quello che posso dire per certo è che fino al pomeriggio di sabato 22 febbraio nessuno, né medici né infermiere, avevano le mascherine. Poi quel pomeriggio il personale comincia ad indossarle. Io in quel momento ero in ospedale con mia cugina. Entrambe ci siamo subito preoccupate, visto il caso di Codogno. Abbiamo chiesto se ci fossero stati dei rischi e ci è stato detto di no. L’indomani, quando vengono accertati i primi casi, mio zio è con mia nonna. Viene fatto uscire senza particolari accorgimenti, nonostante mia nonna e lui fossero in Medicina, il reparto dov’è stato trovato il Covid-19, oltre al Pronto Soccorso. Nei giorni successivi non abbiamo più potuto andare dalla nonna. E nessuno ci ha controllati. Nonostante tutti eravamo transitati da lì. Io ho addirittura fatto un viaggio in Egitto. Poi ci siamo ammalati tutti ma nessuno ci ha fatto il tampone. La nonna è morta nella nonna tra il 4 e il 5 marzo. Erano passate quasi 2 settimane dal 23 febbraio ma io stessa ho potuto accedere all’ospedale senza essere controllata e senza nessun dispositivo di protezione. Non è possibile che gli errori siano continuati nel tempo. Noi non sappiamo ancora di cosa sia morta nostra nonna, fino a due giorni prima ci avevano detto che stava meglio. Poi le è salita la febbre ed è morta. In 2 giorni”.

Perché non è stata fatta la zona rossa?

Abbiamo detto: stessa situazione, scelte diverse. Quando i contagi esplodono in bergamasca, non solo in Val Seriana, ma anche a Bergamo città e in altre zone della provincia, si attende la zona rossa.

Abbiamo già ripercorso quanto detto dalla Regione quella settimana quando l’assessore al Welfare Giulio Gallera ogni giorno spiegava l’andamento della situazione auspicando anche la creazione di questa zona rossa, necessaria per contenere il contagio (potete leggere l’articolo qui). Riassumendo si sa che l’Istituto Superiore di Sanità aveva stabilito la necessità di istituire la zona rossa ma il Governo non ha mai reso effettiva la chiusura con un Decreto, come fatto il 23 febbraio per i 10 comuni del lodigiano. Precisiamo dunque: in provincia di Lodi si è chiuso tutto dopo 3 giorno, a Bergamo neanche dopo due settimane.

Un’altra precisazione è doverosa: i 10 comuni del lodigiano sono stati chiusi con Decreto del Presidente del Consiglio e del Ministero della Salute che potete consultare qui. La decisone di stabilire zone rosse fa dunque capo al Governo anche se alcune Regioni hanno agito in autonomia. A questo proposito vi invitiamo a leggere un interessante approfondimento pubblicato su Quotidiano.net e questa esaustiva spiegazione dal punto di vista giuridico pubblicata su Diritto.it.

A posteriori, illuminate su quanto successo è questa dichiarazione di Gallera del 6 marzo. Ascoltate bene.

Gallera dice: “Sul tema della zona rossa, queste sono misure che hanno un senso se hanno una tempestività. Il numero continua a crescere in maniera importante in questi comuni. Quando 3 giorni fa ci siamo confrontati con il Comitato scientifico e con l’Istituto superiore di Sanità che aveva fatto una richiesta precisa al Governo, doveva essere data una risposta. Spero che questa incertezza, soprattutto per le piccole attività commerciali e artigiane, non abbia portato qualcuno a spostarsi facendo del danno a sé e agli altri. Dopo 3 giorni siamo ancora qui, traete voi le vostre conseguenze”.

E’ evidente dunque che un ostacolo alla chiusura ci sia stato. A ribadirlo anche il sindaco di Alzano Lombardo in un’intervista andata in onda sempre su La7 a Non è l’Arena in cui dice: “La zona rossa era pronta, era già tutta organizzata. I militari c’erano. I turni delle guardie ai varchi c’erano. I nostri decreti erano pronti. La Prefettura mi aveva confermato la cosa. Io non so per quale motivo non sia arrivato il Decreto”.

Ed è quanto sta dietro a questo motivo che ha impedito la zona rossa. Di che natura sia stato l’impedimento non è dato saperlo. In riferimento alla possibile opposizione del comparto produttivo, che Confindustria abbia continuato a lanciare un messaggio di apertura è noto: lo dimostrano il video e il post pubblicati sui profili social rispettivamente il 2 e il 3 marzo (potete vederli qui). Ma questi post non sono una prova a dimostrazione del fatto che le aziende abbiano ostacolato la zona rossa.

Il post sul profilo Instagram di Confindustria del 2 marzo

Cosa avrebbe comportato la zona rossa e perché i provvedimenti del Decreto dell’8 marzo non sono stati abbastanza in bergamasca

Nel frattempo in cui qui si aspettava la zona rossa, il Governo stava predisponendo il famoso Decreto dell’8 marzo che ha chiuso la Lombardia ma di fatto non ha chiuso la bergamasca come andava fatto.

I provvedimenti della zona rossa infatti sono ben diversi da quelli contenuti nel Decreto dell’8 marzo.

La zona rossa, tanto invocata anche successivamente dagli amministratori locali (è del 21 marzo una lettera condivisa da tutti i sindaci della bergamasca che chiedono misure più restrittive rispetto a quelle contenute nei Decreti del Governo), che ben hanno presente la grave situazione che si è protratta nel tempo, avrebbe comportato: la chiusura di tutti i paesi con controlli ai varchi; la chiusura di tutte le attività se non quelle essenziali e di fatto l’isolamento completo.

Provvedimenti ai quali in bergamasca si è arrivati solo dopo settimane a forza di Decreti e Ordinanze regionali.

Alla luce dei fatti dunque è legittimo chiedersi se la celerità con cui si è intervenuti nel Lodigiano avrebbe limitato i danni. E sì che i risultati ottenuti nella zona rossa erano sotto gli occhi di tutti. Già a inizio marzo. Chissà perché non si è agito così lasciando che qui il contagio raggiungesse anche il più remoto dei nostri territori, mettendo in ginocchio il sistema sanitario, economico e morale di tutta la nostra provincia.

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15 Commenti

1 Commento

  1. Arrigo

    1 Aprile 2020 at 22:23

    A Nembro c’è la cugini e una grossa fonderia

  2. Zoro

    2 Aprile 2020 at 0:55

    Rivedersi le interviste all’Eco del sindaco di Alzano del 4 e 5 marzo…..E perché in altre regioni le zone rosse le ha istituite la Regione e qui…..solo chiacchere?

    • LUIGI

      2 Aprile 2020 at 12:38

      E’ quello che sostengo io. Si sa che i grossi imprenditori della Valle erano contrari alla chiusura, il signor Fontana se ne è guardato bene di contraddire il governo e fare un’ordinanza di chiusura, il potere ce l’aveva. Non voleva contraddire gli imprenditori, meglio lasciare la palla al governo
      Ritengo che presto qualcuno dovrà rispondere della miriade di morti, perchè la magistratura aprirà un bel fascicolo ed allora vedremo.

  3. GIUSEPPE VERDERIO

    2 Aprile 2020 at 1:13

    BRAVI, insistete ogni giorno con altri particolari che dovessero saltar fuori. Non lasciate perdere l’argomento nemmeno per un giorno .Non è possibile che nessuno paghi perchè le colpe ci sono e non sono di poco conto.BRAVI

  4. ????

    2 Aprile 2020 at 2:48

    Guarda guarda, sono spariti i miei precedenti commenti.
    Trattasi di censura postuma o di omertà?
    Non é che mi fate il pesce d’Aprile in ritardo giocherelloni.
    Hai hai hai

    • ????

      2 Aprile 2020 at 2:53

      E pensare che nei miei commenti spariti, dopo essere stati publicati, vi avevo fatto anche un complimento.
      Che magheggi…

  5. fiorenzo simoncelli

    2 Aprile 2020 at 7:47

    Qualcuno un giorno dovra’ rispondere di questa strage di innocenti. 4500 persone morte solo a Bergamo nell’ultimo mese, come riportava L’Eco di Bergamo di ieri 1Aprile2020. 4500 Bergamaschi che avevano il diritto di godersi la loro pensione sudata con anni di sacrifici a testa bassa, avevano il diritto di vivere e avrebbero vissuto ancora a lungo se I provvedimenti previsti per le emergenge fossero arrivati in tempo. Storie di 4500 nonni e giovani cancellate in pochi giorni. Persone come noi padri, madri figli usciti di casa per andare all’ospedale e mai piu’ tornate, quasi tutti senza avere neanche il conforto dei loro cari nelle ultime ore di vita, senza il diritto di tornare a casa dopo la morte ma spedite in chissa’ quale parte dell’ Italia per essere cremate. Persone che avevano ancora tanto da darci e insegnarci.
    Qualcuno ci dovra’ spiegare perche’ non e’ stata fatta la zona rossa ad Alzano e Nembro che avrebbe salvato migliaia di vite umane, qualcuno dovra’ spiegare perche il 31Gennaio2020 e’ stato fatto un decreto di emergenza del Presidente Del Consiglio per il Corona Virus, che valeva fino a Luglio 2020 ma che e’ stato puntualmente disatteso dai Ns governanti in primis.
    Sto scrivendo questi lamenti dall’estero dove mi trovo per lavoro, con le lacrime agli occhi con la voglia e la paura nello stesso tempo di ritonare a casa dalla mia famiglia dalla mia Patria.

    • al

      2 Aprile 2020 at 12:19

      Perfettamente d’accordo su tutto, ma temo che anche questa volta non pagherà nessuno. Al di là del fatto che mi consolerebbe abbastanza poco sapere che qualcuno ha pagato, temo che tempo qualche mese la cosa finisca insabbiata, come succede troppo di frequente !!!!!
      Ciò nonostante, io mi auguro che si continui a parlare di questa cosa, perché i nostri cari non meritano affatto questa fine indegna per ogni essere umano !!!!!!!!!!!!! Troppi errori.
      E, dalla pancia, mi arriva la sensazione che questo governo sul merito del virus, non ne abbia ancora azzeccata una !!!!!!!!!!!!!!!!

  6. Giacomo

    2 Aprile 2020 at 9:17

    In alta valle domenica dopo la zona rossa di Lodi c’era l’impossibile di gente assiepata davanti agli schilif per salire sulle piste di sci

  7. Giovanni

    2 Aprile 2020 at 9:27

    Buongiorno , avete presente tutte le industrie che ci sono a Nembro e Alzano?
    secondo voi interessa la salute dei cittadini o l’importante e’ il fatturato?
    e’ vero che il sindaco di Nembro in piena emergenza ha autorizzato il mercato settimanale? non ne sono sicuro perche’ in quel periodo ero in ospedale con la polmonite da coronavirus
    grazie a tutti

  8. Diego Persico

    2 Aprile 2020 at 11:18

    Scelte scellerate di politicanti di destra e sinistra che durante il pieno della pandemia in bergamasca invitavano la gente ad uscire a lavorare e divertirsi..virologi pagati magarida aziende per dire che era solo un influenza..questa signori miei è una strage di Stato mi ricorda con le dovute proporzioni quando agli abitanti delle zone della diga del Vaiont dicevano che era tutto apposto…e nn correvano pericoli

  9. roberto coter

    2 Aprile 2020 at 11:37

    Buongiorno Val Seriana non è rientrata nelle misure contenitive nonostante due lettere datate del 3 e 5 marzo dall’OMS ……non tenute in considerazione..
    Alzano e Nembro lasciati al loro …destino….mi dispiace per tutto quello che è successo e mi dispiace ancora di più che chi doveva prendere provvedimenti, non li abbia presi.
    arriveranno tempi migliori di sicuro anche perchè siamo al fondo del barile e più in basso non si va……
    vediamo se censurano anche questo……………-.-

  10. roberto coter

    2 Aprile 2020 at 11:39

    Scusate la sigla errata l’OMS errore era L’ ISS…….

    per precisare

  11. Luca

    3 Aprile 2020 at 7:09

    Ma scusate, secondo voi il virus si è materializzato solo il 23 febbraio ad Alzano? Dom dai, era in giro già da prima solo che non c’era un protocollo per fare i test. Fine.

  12. Girolamo Arciuolo

    6 Aprile 2020 at 21:20

    Le responsabilità vanno cercate vicino, non lontano.

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