Seguici su

Cronaca

“Libera circolazione delle merci”: la priorità di politici e Confindustria invece di fare la zona rossa

Il 7 marzo 2020, mentre noi ricevevamo la telefonata disperata dell’infermiera del pronto soccorso di Alzano Lombardo già al collasso, Bonometti e Gallera pensavano a tutelare la libera circolazione delle merci

Pubblicato

il

Oltre le dichiarazioni a mezzo stampa, agevolate più o meno da media accondiscendenti che favoriscono gli indagati nel correre ai ripari, quella che emerge oggi, a tre anni dalla mancata zona rossa in Valle Seriana e grazie al lavoro di indagine della Procura di Bergamo, è una verità agghiacciante: non tanto nel contenuto, ben prevedibile dai cittadini bergamaschi, ma nei modi e nella negazione che gli stessi soggetti coinvolti hanno sempre dato in pasto all’opinione pubblica con la speranza – probabilmente – che la magistratura non andasse così a fondo.

Bonometti di Confindustria: “Chiesi a Fontana di non fare la zona rossa”

Sono di queste ore le agenzie che tornano ad occuparsi delle pressioni che Confindustria Lombardia fece per non attuare la misura restrittiva prevista per Nembro e Alzano Lombardo: “Sì glielo ho chiesto”, così Marco Bonometti, ex presidente di Confindustria Lombardia, sentito dai pm di Bergamo il 3 giugno 2020, rispose agli inquirenti che gli chiedevano se avesse “chiesto al Presidente della Lombardia” Attilio Fontana “di farsi parte attiva a non far istituire zone rosse ma solo di limitare le chiusure alle attività non essenziali”. Nel verbale di 5 pagine, con al centro la mancata zona rossa in Val Seriana, l’industriale bresciano ha detto che “Regione Lombardia era d’accordo con noi nel non istituire le zone rosse ma nel limitare le chiusure alle sole aziende non essenziali”.

7 marzo 2020, Gallera e Bonometti e la priorità di garantire la libera circolazione delle merci

Ma oltre a ciò, nelle chat acquisite dalla Guardia di Finanza, emergono dei particolari degni di nota: la sera del 7 marzo 2020, alla fuga della bozza del primo DPCM dell’allora premier Giuseppe Conte, Giulio Gallera (ex assessore al welfare di Regione Lombardia) e Marco Bonometti si scambiarono una serie di messaggi volti a tutelare solo una cosa: la libera circolazione delle merci.

Mentre i contagi in Val Seriana e in bergamasca erano già schizzati alle stelle, ricordiamo che Regione Lombardia era in possesso – non solo dei dati allarmanti – ma anche della proiezione catastrofica del matematico Merler (Stefano Merler della Fondazione Kessler aveva indicato un R0 vicino a 2, se non superiore), e alla luce del suggerimento del Cts di estendere la misura della zona rossa anche a Nembro e Alzano, con il decreto firmato dall’allora Ministro alla Salute Roberto Speranza e non da Conte che stava prendendo tempo in vista di chiudere tutta la Lombardia, Bonometti alle 22:24 scriveva a Gallera: “Ci siamo già mossi con Conte per modificare la mobilità delle merci” aggiungendo alle 23:06 “Parlato con Attilio cose da pazzi“. Cosa erano queste cose da pazzi? Forse la necessità di chiudere tutto visto che anche gli ospedali erano già al collasso. Fu in quella sera infatti che noi raccogliemmo la telefonata dell’infermiera di Alzano Lombardo che ci disse: “Ci stanno facendo vedere i sorci verdi“. Ecco, mentre negli ospedali vedevano i sorci verdi e combattevano la loro guerra senza armi, Gallera a Bonometti rispondeva alle 23:11 “Adesso specifichiamo la libera circolazione delle merci e speriamo siano accolte“. Ecco cosa interessava alla politica: favorire l’economia, cosa che stava accadendo anche in Val Seriana, come avevamo raccontato nell’articolo seguente pubblicato a dicembre 2022, grazie ai documenti ottenuti da un accesso agli atti dell’avvocato dei familiari delle vittime Consuelo Locati.

8 marzo 2020: non ancora lockdown

Dopo quella sera concitata, in cui ci fu anche il fuggi fuggi dal nord Italia, domenica 8 marzo seguirà la zona arancione rinforzato per la Lombardia, che di fatto consentiva ancora gli spostamenti, fino a quando il 22 marzo 2020 il Ministro Speranza emanò un’ordinanza che vietò lo spostamento tra comuni. Un mese dopo i primi casi dell’ospedale di Alzano (23 febbraio 2020) si interveniva sulla circolazione del virus. Inutile dire che fu troppo tardi. Il risultato è che oggi si contano 6200 morti in più nella sola in provincia di Bergamo. Indagati per la mancata zona rossa l’ex premier Giuseppe Conte e il presidente di Regione Lombardia Attilio Fontana; le ipotesi di reato sono epidemia colposa e omicidio colposo. Oltre a loro sono indagati anche diversi membri del primo Cts: ancora Brusaferro e D’Amario e poi Miozzo, Locatelli, l’ex segretario generale della Salute Giuseppe Ruocco, il responsabile delle Malattie infettive Francesco Maraglino, l’ex direttore della Programmazione sanitaria Andrea Urbani, l’allora direttore scientifico dello Spallanzani Giuseppe Ippolito, il direttore della Sanità di frontiera Mauro Dionisio. Tutte persone che dal 26 febbraio sapevano che i contagi in quelle aree correvano con numeri simili a quelli (e proiezioni peggiori) di territori già in lockdown, come il lodigiano dove si intervenne subito con il Decreto che permetteva di chiudere con 1 solo caso positivo in un comune mentre in bergamasca non si chiuse mai.

Gessica Costanzo

Tutti i diritti riservati @

Continua a leggere le notizie di Valseriana News e segui la nostra pagina Facebook

Clicca per commentare

Tu cosa ne pensi?

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *